Non c’è pace nemmeno da morto per Aldo Moro, il politico di fede democristiana rapito e poi ucciso da un commando delle Brigate Rossenel 1978. La strage di via Fani, la geometrica potenza delle Br (con la complicità, forse, della mano dei servizi segreti), l’attacco al cuore dello Stato, sono ferite profonde per il tessuto democratico dell’Italia repubblicana che ancora fanno fatica a rimarginarsi. In questo clima di sospetti e veleni si inserisce la lettera aperta, pubblicata dal Fatto Quotidiano, inviata dalla figlia primogenita, Maria Fida Moro, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

In essa, la Moro si lamenta di essere stata fatta fuori, di fatto, dal ‘gioco della memoria’ che ha toccato gli affetti, i sentimenti, ma anche il portafoglio dei familiari dell’uomo politico scudocrociato. Forte anche l’accusa lanciata contro i cosiddetti ‘morotei’ (Mattarella compreso) che non avrebbero fatto nulla per salvare il padre.

L’attacco di Maria Fida a Mattarella

Nel giorno del centenario della nascita di Aldo Moro, il 23 settembre del 1916, fanno scalpore il tono ed il contenuto della pubblica missiva che Maria Fida (la prima dei quattro figli di Moro) ha indirizzato al presidente Mattarella. Non c’è gioia e nemmeno serenità in quelle righe, ma una profonda amarezza per il silenzioso ostracismo ordinato nei suoi confronti dalle autorità istituzionali.

La signora Moro, in pratica, si lamenta del fatto di essere stata esclusa dall’organizzazione delle cerimonie per il giorno del centenario della nascita del padre. Opportunità che, accusa la Moro, sarebbe stata concessa solo ai due fratelli minori proprio da Mattarella che li ha ricevuti al Quirinale consegnando loro, di fatto, la chiave della cassaforte dei “fondi stanziati dallo Stato per le suddette celebrazioni”.

Una guerra fratricida favorita dal più alto rappresentante della Repubblica quella che emerge dalle parole di Maria Fida.

Mattarella e DC complici della morte di Moro

A detta della Moro, sono tre le cause principali che hanno contribuito ad innalzare un muro di gomma per arginare lei e il figlio autore del libro Mio nonno Aldo Moro.

La prima è che solo lei, unica tra i quattro fratelli, ha “firmato per ben due volte la riapertura delle indagini” per chiarire i tanti punti oscuri dell’agguato di via Fani (ad esempio, la presenza in quel luogo della motocicletta Honda e del colonnello del Sismi Camillo Guglielmiil 16 marzo del ’78). La seconda ragione, collegata alla prima, è la posizione favorevole da lei dimostrata “ad ogni commissione di inchiesta”. Mentre l’ultima, all’apparenza di minor conto delle precedenti, riguarda la proposta di beatificazione del padre (profondamente credente, come noto), anche in questo caso firmata solo da lei in famiglia. Il j’accuse della Moro prosegue con un attacco diretto a Mattarella, paragonato prima al suo illustre predecessore Sandro Pertini e poi additato di non poter essere un “moroteo” perché, ecco l’accusa, “Io non credo che siano mai esistiti dei morotei, altrimenti mio padre non sarebbe morto in solitaria in quella maniera terribile”. La conclusione a cui giunge l’autrice della missiva è, se vogliamo, ancora più amara perché Maria Fida si ritiene, forse a ragione, “quella che ha difeso da sola suo padre lungo gli ultimi 39 anni”.