Come noto, il decreto legge n. 132/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 162/2014, ha introdotto, nell’art. 12, una nuova procedura di separazione personale tra i coniugi e di scioglimento o cessazione degli effetti civili - (cioè il divorzio) - del matrimonio. Questa nuova procedura su separazione e divorzio è fatta presso il Comune di residenza dei coniugi. Inoltre, è molto agevole in quanto i coniugi, con l'assistenza facoltativa del proprio avvocato, devono recarsi in Comune una prima volta per compilare la modulistica, ed una seconda volta, dopo un mese, per confermare la volontà di separarsi o divorziare.

Questa procedura sostituisce totalmente quella in Tribunale che resta una forma alternativa solo in alcuni casi. Vediamoli.

La procedura semplificata consente ai coniugi di percorrere, in alternativa alla tradizionale strada della tutela giurisdizionale, una via interamente “autogestita” purchè ricorrano questi casi:

  • i coniugi non abbiano figli minori,
  • non abbiano maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l. n. 104/1992,
  • oppure economicamente non autosufficienti.

Dunque, solo in questi 3 casi sopraelencati non è possibile separarsi o divorziare in Comune. Inoltre, la nuova normativa stabilisce che è possibile procedere in Comune se tra i coniugi non ci siano accordi di trasferimento

patrimoniale (esempio di immobili)

Sentenza del Consiglio di Stato: quale novità?

Per effetto della sentenza del Consiglio di Stato 26 ottobre n.

4478 le separazioni e divorzi saranno ancora più agevoli. Sono infatti possibili accordi di qualunque tipo, purché non attuino quel “trasferimento patrimoniale” che l’articolo 12 del Decreto legge 132/2014 vieta agli ufficiali di stato civile.

Con questa sentenza il giudice amministrativo si è pronunciato sulla differenza tra accordi di contenuto economico e patti patrimoniali. I ministeri dell’Interno e della Giustizia, con circolare 6/2015, consentono di separarsi o divorziare in Comune purché non vi siano «patti di trasferimento patrimoniale», lasciando all’ufficiale di stato civile separazioni e divorzi con gli usuali accordi relativi a versamenti periodici di danaro.

Secondo i ministeri, in Comune e senza avvocato si può concordare l’assegno di mantenimento nella separazione consensuale e l’assegno divorzile nella richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili (per i matrimoni religiosi) o scioglimento del matrimonio (per quelli civili). In Comune, si può dunque concordare tali assegni, modificarli e revocarli in quanto si tratta di rapporti obbligatori che non producono effetti traslativi (passaggio di proprietà) su beni determinati.

La precedente sentenza di luglio, emessa dal Tar Lazio, aveva adottato una linea di rigida sottraendo al Comune tutti i casi di separazione e divorzio la possibilità di separarsi o divorziare in Comune concordando assegni di mantenimento: in questi casi - a parere del Tar - sarebbe stato obbligatorio rivolgersi alla mediazione assistita, ad un avvocato o al Tribunale.

Svolta decisiva:ora il Consiglio di Stato restituisce agli ufficiali di stato civile la possibilità di formalizzare e modificare (con procedura da poche decine di euro) condizioni, ammettendo tutti gli accordi di natura non strettamente patrimoniale.

I seguenti esempi possono rientrare negli accordi 'economici' tra i coniugi: è quindi possibile separarsi e divorziare in Comune con accordi sull’affidamento di un animale domestico o su beni mobili non registrati (gioielli, quadri, arredi) o concordando le modalità d’uso di una casa in villeggiatura rimasta in comproprietà (accordi possibili fin dall’entrata in vigore del Dl 132/2014).

Inoltre, tornano possibili accordi sulla corresponsione di assegni periodici di mantenimento o divorzili, in quanto attribuzioni patrimoniali mobiliari (in danaro).

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