Silvio Berlusconi tenta di ricucire i rapporti con la Lega Nord, dopo le polemiche degli ultimi giorni, scaricando di fatto quello che fino a qualche giorno fa era considerato il suo delfino, Stefano Parisi. Per siglare la pace con Matteo Salvini il leader di Forza Italia sceglie la trasmissione “Radio anch’io”: “Parisi sta cercando di costruirsi un ruolo all'interno del centrodestra – spiega Berlusconi – ma a causa di questa situazione di contrasto con Salvini non credo che possa ricoprire questo ruolo”.

Gli scontri tra Parisi e Salvini

Il cavaliere quindi punta a dimostrare la compattezza del centrodestra, derubricando i contrasti tra Parisi e Salvini a scontri personali.

Il punto più basso dei rapporti tra i due partiti si è toccato sabato scorso, con la sfiducia al sindaco di Padova, il leghista Massimo Bitonci, e le due manifestazioni di Firenze e di Padova in cui Salvini e Parisi avevano sottolineato, a suon di battute pungenti, le differenze che stanno allontanando sempre più i rispettivi partiti. Per Berlusconi, invece, il centrodestra può aspirare a vincere e governare solo se unito: l’apporto della Lega in questo senso appare come fondamentale.

Il no al referendum

Berlusconi, durante l’intervista, ribadisce il suo no al referendum ed invita gli elettori a partecipare alla consultazione per mandare a casa il governo e non fare un favore a Renzi che cerca una legittimazione popolare attraverso il voto del 4 dicembre.

Berlusconi si dice sicuro che un’eventuale vittoria del “no” non porterebbe nessuna conseguenza, esattamente come accaduto con la Brexit e con la vittoria negli Usa di Trump, che il cavaliere già nei giorni scorsi aveva elogiato per le analogie con la sua storia.

I principi di una nuova riforma

Berlusconi per il futuro si augura che la bocciatura della riforma di Renzi consenta di scriverne un’altra, seria e condivisa, di cui l’Italia ha bisogno.

I punti salienti delle nuove norme dovrebbero essere il contenimento della pressione fiscale, una riduzione drastica dei senatori, il vincolo di mandato che impedisca ai parlamentari di cambiare schieramento e infine l'elezione diretta del capo dello Stato.