Mentre tutto il mondo si chiede chi fra Hillary Clinton e Donald Trump sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d'America, c'è chi guarda lontano: precisamente al 2019. Il suo nome è Louis Marinelli, 30enne leader del National California Party, partito indipendentista che ha come primo punto del suo programma la secessione dello stato della West Coast dagli Usa.
Un piano ambizioso basato su una serie di richieste, simili a quelle avanzate da altri movimenti favorevoli all'autodeterminazione: indipendenza finanziaria da Washington, promozione dell'identità nazionale californiana e riconoscimento internazionale della California come paese indipendente.
Referendum
Tali argomentisaranno oggetto di un referendum, nato sulla scia di quello che ha sancito l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea e programmato per il 2019 ed al momento visto con scetticismo da analisti e politici americani anche per via della scarsa portata social delmovimento "Yes California" (poco meno di settemila seguaci su facebook), ma che rischia di raccoglierenumerose adesioni fra icaliforniani. Va ricordato, infatti, che la California è il primo Stato degli Usa per produzione economica e che il suo Pil, se si staccasse dagli Stati Uniti, lo porterebbe ad essere la settima potenza mondiale.
Calexit?
Uno slogan come "trattenere le tasse in California", dunque, potrebbeavere una presa importante in uno Stato che ha la pressione fiscale più alta degli Usa, anche se bilanciata da un forte rientro: nel 2014 vi è stata una spesa di 94 centesimi in fondi federali per ogni dollaro pagato dai cittadini in tasse (fonte: Wall Street Journal).
Stesso discorso per l'immigrazione: "Siamo orgogliosi della nostra multietnicità - si legge nel programma dell'Ncp - questo sistema, però, ha trascurato le esigenze economiche della California, colpendo fin troppe famiglie. La nostra indipendenza sarà in grado di decidere quali politiche di immigrazione saranno compatibili con la popolazione".
Marinelli, dal canto suo, ha provato a tastare il polso della situazione attraverso un sondaggio effettuato su Twitter nel mese di febbraio, nel quale il sì all'indipendenza ha raggiunto il 41%: un risultatosalutato con favore dal leader indipendentista, ma che risulta essere poco attendibile vista l'impossibilità nel verificare la provenienza dei votanti.Al voto, però, mancano tre anni: e se quella che oggi appare come una provocazione bella e buona si trasformasse in un'onda dalle imprevedibili conseguenze?