Il Referendum Costituzionale continua a dividere ancora l'opinione pubblica: uno dei punti più contestati della Riforma Costituzionale è la Riforma del Titolo V. Qualora vincesse il sì, le Regioni a Statuto ordinario vedranno ridimensionate le proprie competenze, mentre quelle a Statuto speciale non subiranno molti cambiamenti.
La Riforma del Titolo V non è un argomento nuovo: con la precedente Riforma del 2001 si è creato un sistema ambiguo che ha contribuito significativamente ad alimentare confusione su quali materie siano di competenza statale e quali regionali, rimandando alla Corte Costituzionale una mole di contenziosi tra Stato e Regioni sulla competenza di molte materie.
Con l'attuale Titolo V, in sostanza, le Regioni hanno beneficiato di una maggiore autonomia, ma nel concreto non ha apportato significativi miglioramenti per i cittadini e per le imprese costretti ad attendere i tempi delle sentenze della Corte Costituzionale per procedere con investimenti. Da questa considerazione è scaturita la volontà di Renzi di restituire allo Stato la competenza esclusiva di una lunga lista di materie.
Con la Riforma del 2001 le materie legislative sono state divise in tre gruppi:
- quelle di competenza esclusiva dello Stato
- le cosiddette “competenze concorrenti” tra Stato e Regioni
- ed infine tutte quelle non nominate esplicitamente nei precedenti due gruppi, la cui competenza spetta alle Regioni.
Cosa cambierebbe?
Il nuovo ddl prevede di "eliminare" le materie “concorrenti”, fornisce una lunga lista di competenze statali esclusive, oltre che un elenco delle competenze regionali, lasciando alla competenza regionale le materie non esplicitamente nominate.
Purtroppo le competenze concorrenti, di fatto, non scompariranno nemmeno con questa Riforma: per alcune materie (come salute, politiche sociali ed istruzione) di competenza dello Stato, quest'ultimo dovrà predisporre solo “disposizioni di principio”.
La scelta di non far scomparire questa categoria va ricondotta al fatto che, concretamente, lo Stato centrale non riuscirebbe più ad occuparsi di una serie di materie che per anni sono state delegate alle Regioni. La Riforma Renzi-Boschi, però, prevede anche una "clausola di supremazia", secondo cui lo Stato avrà potere di legiferare sulle materie di competenza esclusiva delle Regioni, solo in caso di “tutela dell’interesse nazionale”.
Importanti modifiche, anche se di impatto minore riguarderanno le autonomie locali: non si parlerà più di province, ente già svuotato di funzioni, e una futura legge ordinaria regolamenterà le funzioni dell'ente eliminato. La Riforma prevede, inoltre che lo Stato stabilisca dei limiti ai compensi dei consiglieri regionali,tramite leggi ordinarie.
Oggetto di modifiche sarà anche il “regionalismo differenziato”, tramite questo strumento lo Stato poteva assegnare una maggiore autonomia ad alcune regioni: nella riforma cambia leggermente il procedimento, difatti l'iter potrà avviarsi solo se la Regione dimostri di trovarsi in “equilibrio di bilancio”. Nel concreto, però, dovrebbe avere particolari effetti, considerando che nessuna Regione ha ottenuto ulteriore autonomia utilizzando questo strumento.