Ventottesimo presidente del Consiglio dei Ministri dell'Italia repubblicana, quello di Paolo Gentiloni è il 64esimo esecutivo alla guida del Paese dal 1946. Sulla carta è un governo di transizione il cui compito è quello di portare a compimento i principali adempimenti in agenda fino ad un possibile appuntamento con le elezioni anticipate. Se voto sarà, considerato che c'è una legge in merito che necessita del parere della Corte Costituzionale e la cui sentenza è prevista per il 24 gennaio, si potrebbe andare alle urne nella tarda primavera del prossimo anno.
Da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era la decisione più logica dopo le dimissioni di Matteo Renzi, considerato che il governo può contare sui numeri giusti in parlamento (fino a prova contraria). Perchè, è un dato di fatto, sebbene il referendum costituzionale ha bocciato la principale riforma del governo Renzi, non ha certamente minato la maggioranza che lo sosteneva e che sosterrà anche l'esecutivo di Paolo Gentiloni.
Continuità con il governo Renzi
Dopo aver sciolto la sua riserva, il nuovo premier ha parlato di "continuità con la linea di Matteo Renzi". Pochi dubbi su quelle che saranno le politiche del governo Gentiloni sia in campo nazionale che agli esteri, anche perché la lista dei ministri ricalca quasi per intero quella dell'ex presidente.
L'unico 'taglio' ha riguardato Stefania Giannini al dicastero dell'istruzione. Per il resto si può parlare di 'rimpasto con qualche significativa novità'. Partendo dalle conferme, ci saranno Andrea Orlando alla giustizia, Roberta Pinotti alla difesa, Pier Carlo Padoan all'economia, Carlo Calenda allo sviluppo economico, Maurizio Martina alle politiche agricole, Gian Luca Galletti all'ambiente, Graziano Delrio alle infrastrutture, Giuliano Poletti al lavoro, Dario Franceschini ai beni culturali e Beatrice Lorenzin alla salute.
Per quanto riguarda i cambi di delega, Angelino Alfano passa dall'interno agli esteri, carica che con Renzi era rivestita da Gentiloni. Al Viminale va invece Marco Minniti, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti con i governi Letta e Renzi. Il ruolo di sottosegretario alla presidenza sarà ora occupato da Maria Elena Boschi, che lascia così il ministero delle riforme.
Tra i ministri senza portafoglio, riconferme per Marianna Madia alla pubblica amministrazione ed Enrico Costa agli affari regionali.
I nuovi ministri
Sono quattro i nuovi ingressi nell'esecutivo. L'ex sindacalista Valeria Fedeli, già vice presidente del Senato, è il nuovo ministro dell'istruzione ed è l'unica new entry tra i ministri con portafoglio. Ad Anna Finocchiaro, che fu ministro per le pari opportunità nel primo governo Prodi, va invece la delega dei rapporti con il parlamento. Claudio De Vincenti, ex sottosegretario allo sviluppo economico con Mario Monti ed Enrico Letta e sottosegretario alla presidenza del governo Renzi, è stato scelto in qualità di ministro della coesione territoriale con delega per il Mezzogiorno.
Infine Luca Lotti, fedelissimo di Matteo Renzi ed ex sottosegretario alla presidenza con delega all'editoria, si occuperà del ministero dello sport.
I numeri per la fiducia
Nessun ministero per Alleanza Liberalpopolare-Autonomie e, pertanto, il conseguenze annuncio di Denis Verdini che i suoi non voteranno la fiducia al governo Gentiloni. Ma anche senza ALA, il nuovo esecutivo non dovrebbe aver problemi ad ottenere il nulla osta dal parlamento. Allo stato attuale, escludendo i verdiniani, i voti a favore dovrebbero essere 166. Piuttosto, dando per scontato l'esito del voto, il problema è legato alla stabilità. Paolo Gentiloni ha dichiarato che "andrà avanti finchè non ci sarà la fiducia" e questo include anche la possibilità di terminare la legislatura. Le opposizioni più intransigenti annunciano già battaglia, ma grillini e leghisti sono sempre stati sul piede di guerra e dunque non è una notizia.