Gli echi della strage di Capodanno in Turchia sono ancora fortissimi. Lo Stato Islamico ha rivendicato l'attentato ed Ankara sta probabilmente pagando gli 'equilibrismi politici' del sultano. Da fedele, si fa per dire, alleato degli Stati Uniti e potente partner NATO al 'flirt' con la Russia di Vladimir Putin - con la quale poco più di un anno fa la tensione aveva raggiunto livelli altissimi - il passo è stato molto lungo. Le relazioni con Washington si sono rapidamente deteriorate dopo il tentato golpe dello scorso luglio. In quella circostanza, Recep Erdogan aveva accusato gli Stati Uniti di 'proteggere' Fethullah Gulen, attualmente rifugiato in Pennsylvania, considerato la 'mente' del fallito colpo di stato.
Un'alleanza conveniente, in attesa di Trump
Pochi giorni fa lo stesso presidente turco aveva puntato nuovamente l'indice sulla Casa Bianca che secondo Ankara sarebbe tra i 'sostenitori' dello Stato Islamico. La Turchia attuale si fida poco degli Stati Uniti ed ha compreso la convenienza dell'alleanza con Mosca che gli garantisce un ruolo importante in Medio Oriente e la protezione dei confini contro la 'minaccia curda'. Per questo ha cambiato anche la sua posizione contro il presidente siriano Bashar al-Assad, diventato improvvisamente 'tollerabile'. Dinanzi a questa prospettiva, le ritorsioni islamiste sono uno scotto che Erdogan è pronto a pagare dinanzi ai nuovi, importanti sviluppi internazionali.
Questo scenario, infatti, potrebbe determinare la fuoriuscita di Ankara dall'Alleanza Atlantica, soluzione drastica ma nemmeno così scontata. L'arrivo di Donald Trump alla guida della Casa Bianca, infatti, potrebbe mutare i rapporti diplomatici tra i due Paesi, attualmente in crisi. Oltretutto, le affermazioni del presidente eletto degli Stati Uniti che considera la NATO ormai "obsoleta", preannunciano nuove strategie e svolte determinanti in tal senso.
Un altro tassello al posto giusto
Il brillante mosaico composto dal Cremlino sta davvero ponendo tutti i tasselli al posto giusto. Un lavoro meticoloso iniziato nel 2014 con l'annessione della Crimea. Il referendum che ha sancito la volontà popolare della penisola di diventare parte integrante della Federazione russa ha causato le note sanzioni economiche contro Mosca e la sospensione della Russia dal G8 che, stando alle recenti dichiarazioni del ministro degli esteri, Sergej Lavrov, potrebbe diventare definitiva anche perché al Cremlino interessa poco farne parte.
Grazie alla Crimea, la Russia è attualmente diventata la forza dominante sul Mar Nero. L'alleanza con la Turchia serve invece a garantire la 'strada' del Mediterraneo e se Ankara riterrà opportuno tagliare il cordone con la NATO, la vittoria politica di Putin assumerà dimensioni enormi. Secondo la stampa tedesca, a scriverlo è il Frankfurter Allgemeine Zeitung, la possibile rottura definitiva della Turchia con l'Occidente stravolgerebbe gli equilibri geopolitici in maniera più determinante dell'ormai probabile vittoria strategica in Siria.
Alleanze militari con il vincolo economico
Tornando al disegno di Donald Trump relativo alla NATO, somiglia tanto alla tristemente famosa berlina. Il presidente eletto degli Stati Uniti ha spesso definito l'Alleanza Atlantica "troppo dispendiosa" per gli States e la sua intenzione sarebbe quella di vincolare eventuali aiuti militari ai Paesi membri ad ogni singolo contributo.
In parole povere, gli Stati dal peso economico minore in seno alla NATO potrebbero non essere 'meritevoli' dell'invio di truppe a difesa dei confini. Una politica che, se tramutata in realtà, farebbe venir meno i principi stessi sui quali si basa la principale alleanza militare occidentale dal dopoguerra ad oggi. Se non è il canto del cigno, poco ci manca.