Il tema più discusso degli ultimi in giorni è sicuramente quello del "fine vita" dopo la morte in Svizzera di DJ Fabo. Su questo tema Blasting News ha intervistato oggi il senatore Carlo Giovanardi. Ecco che cosa ci ha risposto.

'Sul fine vita serve cautela, non che se uno è depresso o ha una delusione d'amore va all'estero a farsi ammazzare'

Senatore, in Italia tanti invocano una legge più avanzata sul tema del "fine vita". Lei cosa pensa a riguardo?

"Il Parlamento sta trattando i trattamenti di fine vita, che assieme all'eutanasia, sono un argomento angoscioso e complicato, che difficilmente può trovare una soluzione per legge rispetto ai milioni di casi che ci sono.

Per esempio l'ex presidente del Senato Marcello Pera suggeriva di risolvere questo tema con quella piccola comunità familiare, che è il marito, la moglie, i figli e il medico, che sono gli unici forse davvero in grado di stabilire il vero confine fra l'accanimento terapeutico, che è da evitare, e l'eutanasia, che significa invece ammazzare la persona. Tutte le persone che si sono trovate in situazioni del genere, ed è capitato anche a me con una mia familiare, si domandano se conviene continuare ad esempio con operazioni inutili che prolungano la vita ma allungano solo le sofferenze, oppure lasciare il decorso della malattia, naturalmente con cure palliative per fare una Morte indolore, ma senza arrivare a quello che appare all'orizzonte.

Oggi pare che se uno è depresso, o ha una delusione amorosa o non gli va più la vita, va all'estero e si fa ammazzare, spendendo 18 mila euro. Come successo anche all'ex parlamentare Lucio Magri che a meno di 80 anni era depresso ed è andato a farsi ammazzare. Questo è un tema talmente delicato che non si può tagliare con l'accetta".

Non crede che sia una discriminazione sociale il fatto che comunque alcuni possano permettersi di andare all'estero, appunto a spendere decine di migliaia di euro, mentre qui manca una legge?

"Ma perché, in Italia dovrebbero farsi pagare di meno? E' evidente che è uno sfruttamento incredibile sul piano economico, ma anche se lo facessero in Italia sarebbe lo stesso.

Almeno che uno non pensi a "cliniche della morte" della Mutua, ma allora andiamo verso scenari impensabili che aprono altre obiezioni. Poiché la popolazione sarà sempre più anziana, più malata e meno autosufficiente, allora facciamo una campagna affinché coloro che si trovano in una certa situazione vengono invitati a non gravare più sulla famiglia?"

'No all'accanimento terapeutico ma anche No all'eutanasia'

Cioè lei teme che si possa creare un'aziendalizzazione del fine vita?

"Io guardo i dati: in Olanda e in Belgio dove i numeri sono incredibili e aumentano ogni anno di quelli che per le più svariate ragioni fanno certe scelte. Poi bisogna chiarirsi bene: quando io a 40 anni scrivo nei DAT che voglio avere un certo trattamento sono certo che poi a 70 anni la penserò come trent'anni prima?

Quando magari la medicina ha fatto dei progressi potrò fare marcia indietro e comunque il mio medico e i familiari potranno fare altre scelte? Insomma bisogna affrontare tutto questo tema con una certa cautela, in alcuni paesi è successo di persone che hanno cambiato idea ma sono state soppresse lo stesso".

E quindi se in Italia qualcuno proponesse una legge che va in questa direzione, lei si opporrebbe?

"Il punto è che bisogna trovare un equilibrio. Il principio è: No all'accanimento terapeutico ma anche No all'eutanasia. Io credo che la medicina moderna abbia tutte le strumentazioni adatte per per fissare un limite fra le due fattispecie, con certamente alcune situazioni limite. I Radicali come al solito stanno sfruttando alcune situazioni per arrivare ad altri obiettivi, ma si tratta appunto di situazioni limite e non la generalità dei casi. Quindi io credo che ci voglia molta saggezza e cautela".