Domenica 16 aprile, i turchi hanno votato al referendum per instaurare un sistema presidenziale in Turchia. Con questa riforma costituzionale il presidente della repubblica avrebbe enormi poteri, in particolare potrebbe nominare e rimuovere i ministri e ingerirsi nell’ordine giudiziario con la nomina di quattro dei tredici giudici del consiglio superiore dei giudici. Non ci sarebbe più inoltre la figura del primo ministro i cui poteri sarebbero trasferiti al presidente della repubblica. Un altro punto molto controverso è la nomina da parte del capo dello Stato dei rettori universitari.

Il presidente può inoltre sciogliere il parlamento. Un ulteriore punto problematico riguarda il limite dei mandati presidenziali, che sono due; alcuni però ritengono che l’attuale mandato del presidente Erdogan https://it.blastingnews.com/politica/2016/12/siria-accordo-tra-russia-e-turchia-intanto-erdogan-accusa-gli-usa-sostengono-l-isis-001355885.html non vada conteggiato e se così fosse egli potrebbe in teoria restare al potere fino al 2029, altrimenti, come sostengono altri potrebbe ricandidarsi nel 2019 per l’ultima volta e restare in carica non oltre il 2024. Tutto ciò, pone la questione dell’ingresso della Turchia https://it.blastingnews.com/politica/2017/03/cosa-sta-succedendo-tra-olanda-e-turchia-001544285.html nell’Unione europea, con questa riforma il paese diventerebbe uno Stato con forma di governo iperpresidenziale, per non dire autoritaria.

Come si porrà quindi nei riguardi della Unione europea, come potrà l’UE interloquire con un paese autoritario ed eventualmente considerarne la domanda di adesione? A tutto questo è doveroso aggiungere che la campagna elettorale referendaria si è svolta in un clima che non si può definire sereno, dal momento che i sostenitori del Sì al referendum hanno occupato la quasi totalità degli spazi della propaganda elettorale mentre i sostenitori del No hanno subito intimidazioni e ritorsioni.

I risultati elettorali però consegnano un paese spaccato, infatti i Sì hanno ottenuto il 51,3 % dei consensi soprattutto nelle aree rurali del paese mentre le grandi città come Ankara, Istanbul e Smirne si sono schierate per il No. A fare la differenza è stato il voto dei turchi residenti all’estero, i quali hanno votato in larga misura per il Sì che ha superato il 60% dei consensi in Austria, Belgio, Germania e Paesi Bassi.

L’opposizione ha denunciato brogli elettorali chiedendo di riconteggiare il 37% delle schede elettorali, ma la commissione elettorale ha comunicato che le schede contestate, che erano prive di timbro, sono da considerarsi comunque valide. Questa riforma costituzionale presidenziale dovrebbe diventare operativa dal 2019, anno in cui si dovrebbero svolgere le elezioni politiche e presidenziali, tuttavia, come sostenuto da alcuni osservatori il parlamento turco potrebbe decidere di non aspettare tale data e indire elezioni anticipate per far entrare la riforma in vigore in tempi più brevi.