Al Festival dell'Unità a Roma è intervenuto il presidente nazionale del Pd Matteo Orfini, che si è soffermato su molti aspetti di attualità politica. Vediamo le parti salienti di quello che ha detto.
Matteo Orfini si esprime sulla legge elettorale
All'inizio Orfini si è soffermato sulla nuova proposta di legge elettorale avanzata dal PD: "In questi anni abbiamo fatto molte proposte sulle quali però le altre forze politiche ci hanno puntualmente detto di no.
Questo è un ultimo tentativo, con un modello che tiene insieme il proporzionale (che prevale) con il maggioritario (prevedendo coalizioni in quella parte): è un compromesso fra le varie richieste che ci sono.Le risposte non sono state entusiasmanti: Forza Italia ha dato un'apertura, la Lega si è detta disponibile, il M5S gridato al 'colpo di stato' come fa sempre e quelli più a sinistra hanno detto che non la voteranno e hanno alzato i toni. Se dovessi scommettere farei fatica a farlo sul successo di questo tentativo, ma dovevamo provarci. Servirà per sgombrare il campo e a chiarire chi voleva davvero un nuova legge elettorale e chi invece si limitava a chiederla.Personalmente avrei preferito il sistema tedesco, più omogeneo nel suo insieme.
C'è comunque il serio rischio di votare con il Consultellum vigente, cosa che personalmente non riterrei una catastrofe, non sarebbe un dramma. Comunque vada non ci saranno mai due leggi identiche fra Camera e Senato, una difformità ci sarà sempre".
Orfini: 'Il PD nacque perché il centrosinistra era un disastro. Non va cercata l'alleanza a sinistra'
Orfini è poi passato ai rapporti con le forze a sinistra del PD, affermando: "Noi dieci anni fa abbiamo fatto il Partito Democratico per superare il centrosinistra, mentre oggi leggo delle ricostruzioni antistoriche sulle ragioni che ci portarono a far nascere il PD. Noi abbiamo fatto il PD perché il centrosinistra era un disastro, era rappresentato dall'Unione in cui i ministri andavano in piazza contro quello che loro stessi avevano votato, erano quei governi le cui maggioranze erano appese al voto dei dei trozkisti (tema che noi vetero-stalinisti credevamo essere un problema risolto da qualche decennio).
In quelle maggioranze partitini dell'1%, che servivano per avere la maggioranza, mettevano in discussione i Governi. Quindi nel 2007 decidemmo di fare il PD come soggetto del centrosinistra italiano, come perno di una proposta politica per il Paese. Decidemmo che il leader sarebbe stato eletto con le Primarie e che egli sarebbe stato anche candidato Premier, per evitare il ricatto e i veti dei piccoli partiti. Il partito di vocazione maggioritaria è alternativo alla sinistra radicale, è così in tutta Europa, non sono alleati quasi da nessuna parte: è fisiologico perché ci sono delle diversità programmatiche. Non è giusto cercare ossessivamente l'unità fra queste due sinistre perché non siamo d'accordo sulla visione del Paese.
Pisapia dice che si vuol alleare ma che dobbiamo togliere dal campo l'idea che il segretario del PD sarà Presidente del Consiglio: cioè il leader di un partito come Campo Progressista, stimato all'1,5%, dice che quello che hanno deciso 2 milioni di persone non conta nulla perché lui non lo vuole. Poi ci chiede una totale discontinuità su quelli che sono stati punti chiave dell'azione di Governo: in pratica io dovrei venire qui a dire che mi vergogno e che ho sbagliato a fare la riforma del mercato del lavoro, voi mi chiedereste perché e io direi che lo faccio per andare d'accordo con Pisapia. Tutto questo sarebbe incomprensibile per il paese. Non possiamo sacrificare alla politica delle alleanze ciò che di buono abbiamo fatto.
In pratica ci presentano un'idea di sinistra del tutto alternativa rispetto alla nostra. Alcuni sono usciti dal PD dicendo che volevano rifare il nuovo Ulivo, invece stanno rifacendo Rifondazione Comunista. A quell'idea di sinistra minoritaria, settaria e gruppettara, questo paese ha pagato un prezzo troppo alto negli anni passati. La nascita del PD è stata per tirare una linea fra la sinistra riformista che vuole governare e quell'idea di minoritarismo e di testimonianza che appassionava altri. Non possiamo tornare indietro di dieci anni in nome delle alleanze".
'Il PD in questi anni ha fatto tante belle cose e degli errori, ma una quantità di riforme mai viste nella storia'
Matteo Orfini ha poi fatto un bilancio della politica del PD degli ultimi cinque anni: "Noi abbiamo fatto tante belle cose ma anche degli errori.
Nel 2014 alle Europee riuscimmo a tenere insieme quel pezzo di paese che voleva una sinistra riformista, con chi voleva una rottura dei meccanismi di funzionamento dell'Italia. Ottenemmo un voto anti-establishment che c'è in vari pezzi del paese. Renzi interpretò questa voglia di rottura, poi però cimentandoci col Governo abbiamo fatto fatica a essere conseguenti con quel messaggio.Per una parte del Paese siamo passati dall'altra parte della linea di rottura, a volte siamo apparsi così senza esserlo, altre probabilmente lo siamo stati. Anche per la fatica a rompere alcune abitudini del nostro partito e dei gruppi dirigenti. Avremmo dovuto avere più coraggio. Forse abbiamo anche sbagliato delle riforme: se abbiamo messo 8 miliardi sulla scuola e non ci vota più nessuno nel mondo della scuola significa che qualcosa non è andata come doveva e qualche errore l'abbiamo commesso.
Però nel complesso consegniamo un paese migliore di come l'abbiamo preso. Quando nel 2013 ci fu la mancata vittoria di Bersani, si è aperta una Legislatura con un Parlamento diviso in tre: sfido chiunque a dire che avrebbe scommesso su un esito del genere al termine di questi cinque anni. Abbiamo fatto una quantità di riforme mai viste nella storia del Paese, con dei dati economici molto buoni. Questo grazie a una solidarietà generazionale nel PD e al fatto che, appena ci siamo resi conto che il Governo Letta non ce la faceva, prendemmo la decisione di mandare il segretario del PD a Palazzo Chigi. Rompemmo un tabù: nella Seconda Repubblica non vi era mai stato un leader di partito di sinistra che prendesse le redini del paese.
Noi in quel momento abbiamo cambiato la storia della Legislatura, rompendo un meccanismo della subalternità della politica rispetto ad altri poteri: vi fu il primato della politica, con ministri che erano politici. Ci siamo assunti le responsabilità, dicendo che ci piace ed è giusto guidare il Paese. Mi ferisce che in quel momento i nostri "padri politici" invece di tifare per noi hanno iniziato sistematicamente a farci la guerra, l'hanno persa, poi ci hanno fatto l'ultima ramanzina e sono scappati di casa: dovrebbero spiegarci perché non sono riusciti a fare ciò che abbiamo fatto noi.Adesso dobbiamo ritrovare quella carica e quel messaggio di innovazione: il Paese ci chiede di cambiare le condizioni di vita delle persone.
Se lo sapremo fare io credo che possiamo recuperare una parte dei delusi".
'Senza la leadership di Renzi il PD andrebbe peggio'
Alla domanda se Matteo Renzi è davvero il leader giusto per il PD in questa fase, Orfini ha risposto: "Sì, lo hanno deciso 2 milioni di persone. Poi noi abbiamo una grande classe dirigente, da Minniti a Gentiloni, da Delrio a Martina: la popolarità e l'affidabilità di questi ministri è un buon segno. Non oso pensare cosa accadrebbe se avessimo al Governo i vari Di Maio, Di Battista e Toninelli. Ma se noi levassimo al PD la leadership di Renzi andremmo peggio alle elezioni: la forza del PD è anche in parte figlia della forza di Renzi come leader. Non credo che sostituendolo avremmo un risultato migliore, anzi ne avremmo uno peggiore.
Poi è ovvio che per riaverlo al Governo serve che le elezioni vadano in un certo modo. In questi mesi ci dobbiamo quindi concentrare per fare andare bene il PD dimostrando che siamo in grado di governare bene il Paese."