Il ministro degli interni Matteo Salvini ha denunciato lo scrittore Roberto Saviano in merito a due post pubblicati sul profilo Facebook del noto intellettuale campano. I contenuti sono stati condivisi sulla pagina ufficiale di Saviano il 12 e il 22 giugno: il primo fa riferimento alla questione della scorta, mentre nel secondo il vice premier viene chiamato letteralmente ''ministro della malavita''. Tale espressione è riconducibile al saggio scritto da Gaetano Salvemini e pubblicato prima nel 1909 e poi nel 1919.

Le scaramucce tra i due sono iniziate sin dall'insediamento a Palazzo Chigi del nuovo governo.

Successivamente, il caso della nave Aquarius, l'imbarcazione di migranti che Salvini non ha fatto attraccare nei porti italiani, ha provocato una presa di posizione nettissima da parte dello scrittore: egli ha accusato sia Salvini che il ministro dei trasporti Toninelli di essere degli incoscienti per aver messo a repentaglio la vita di un numero considerevole di persone. Il capo della Lega, in un secondo momento, ha rilasciato delle dichiarazioni fraintendibili riguardo i cittadini italiani di etnia rom che non sono passate indifferenti. In un video-messaggio Saviano non ha limitato le parole nel dare del ''buffone'' al proprio interlocutore.

I termini della denuncia

Il leader del carroccio ha invitato per mezzo dei social il suo oppositore alla cerimonia di riconsegna ai cittadini di un palazzo usurpato ai mafiosi.

La risposta di Saviano non si fa attendere: ''Il ministro della malavita mi invita all'inaugurazione di un bene confiscato; a me le passerelle non sono mai piaciute, sono cose da politici piccoli piccoli. Invece parteciperò volentieri alla cerimonia per la restituzione allo stato dei 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati dalla Lega.

Quando la facciamo? #RestitutionDay''. Secondo quanto emerso dai termini della denuncia, Salvini ha tenuto a precisare che le parole rivolta da Saviano hanno superato abbondantemente l'esercizio del diritto di critica. Uno dei motivi della denuncia è stato il peso internazionale ed estremamente mediatico che ha assunto la vicenda.

Si può immaginare, quindi, che il ministro con questa azione abbia cercato di tutelare l'immagine della sua persona, ma che abbia inteso anche salvaguardare la credibilità del governo di cui è uno dei massimi esponenti fino a prova contraria.