Lo storico bilaterale dello scorso 12 giugno, il primo della storia tra un leader della Corea del Nord ed un presidente degli Stati Uniti in carica, è stato solo il punto di partenza. La questione della denuclearizzazione della penisola coreana è ancora alla fase iniziale, Kim Jong-un avrebbe fatto solenni promesse in merito, anche se nei mesi scorsi erano circolate indiscrezioni su un possibile 'doppio gioco' di Pyongyang.
Le tesi complottiste restano tali fino a prova contraria, al momento regna la distensione in Corea dopo anni di gelo e mesi in cui, l'anno scorso di questi tempi, la tensione si tagliava con il coltello a causa dei test nucleari e missilistici della Corea del Nord i cui lanci balistici avevano violato ripetutamente lo spazio aereo del Giappone. Il dialogo tra le due Coree prosegue, è una grande vittoria del presidente sudcoreano Moon Jae-in che aveva fatto di questo argomento il suo cavallo di battaglia elettorale. Ieri i capi di Stato del Nord e del Sud della Corea si sono incontrati nuovamente ed è un ulteriore passo per un vero trattato di pace tra i due Paesi atteso da 65 anni: dopo la fine della Guerra di Corea nel 1953, infatti, le parti belligeranti stipularono semplicemente un armistizio e per oltre mezzo secolo hanno vissuto una sorta di tregua armata all'altezza del 38° parallelo.
In tal senso Kim Jong-un vorrebbe nuovamente incontrare Donald Trump.
Denuclearizzazione in cambio di una minore presenza militare USA
L'indiscrezione della nuova, possibile richiesta di confronto tra Kim ed il suo omologo della Casa Bianca è fondata, perché sottolineata dallo stesso Moon Jae-in dopo il vertice intercoreano. Il presidente della Corea del Sud incontrerà Trump la prossima settimana ed ha reso noto che consegnerà nelle mani del presidente americano un messaggio privato scritto di suo pugno da Kim Jong-un. Chiaro che il tema centrale di un eventuale nuovo summit è la denuclearizzazione richiesta da Washington e Kim, ad oggi, non si è opposto a questa soluzione. Ma quella nordcoreana, dopo anni di guerra fredda ad oltranza, non è una resa senza condizioni, Kim chiederà sicuramente qualcosa in cambio ed è ovvio che questa richiesta avrà come oggetto la forte presenza militare americana nella penisola.
Pyongyang chiederà che sia 'allentata', desiderio più che lecito dinanzi ad una distensione che sia autentica e non semplicemente dettata dal congelamento di una querelle internazionale che rischiava di sfociare in una guerra vera. In tutti questi anni la questione coreana è stata semplicemente accantonata nel momento in cui il leader di Pyongyang, tanto l'attuale quanto il padre ed il nonno suoi predecessori, abbassavano di volta in volta il livello delle minacce.
Il trattato di pace porterebbe al ritiro delle truppe americane
Secondo quanto dichiarato da Moon ai giornalisti dopo la fine del vertice intercoreano, c'è la volontà delle due Coree di giungere entro la fine del 2018 alla sottoscrizione del trattato di pace.
Da parte di Kim Jong-un c'è la necessità di spingere in questa direzione, perché la fine della Guerra di Corea che, tecnicamente, è ancora in atto perché ciò che durà da 65 anni è solo un 'cessate il fuoco', renderebbe superflua la presenza americana nella penisola asiatica. La pace in Corea, pertanto, porterebbe inevitabilmente al ritiro delle truppe statunitensi e per il leader di Pyongyang sarebbe una vittoria storica che farebbe crescere ulteriomente il suo prestigio, non sono dinanzi al suo popolo, ma anche a livello internazionale. Tutta da scoprire la reazione di Trump, nel momento in cui una richiesta del genere venga formalizzata davvero, perché si troverebbe in posizione piuttosto scomoda. Da un lato le gerarchie militari di Washington non farebbero i salti di gioia, dall'altro un secco 'no' a Kim Jong-un potrebbe mettere a rischio il processo di distensione.