Dal 15 novembre in Iran è in corso una ribellione soffocata brutalmente dalle forze del regime. L'Ayatollah Ali Khamenei, "la guida suprema", ha definito i manifestanti, criminali ed ha accusato i nemici esteri, ovvero gli Stati Uniti, di alimentare la ribellione.
Amnesty International ha denunciato la brutalità della repressione iraniana che ha provocato almeno 106 manifestanti uccisi in 21 città dell'Iran. A questa repressione si è aggiunto il blocco d'internet per evitare la diffusione di foto e immagini fuori dal paese. Lo stesso blocco avvenne con le manifestazioni del 2009 in occasione della rielezione dell'ex presidente Ahmadinejad, quando un Paese intero rimase isolato dal resto del mondo.
Le cause della protesta
Le motivazioni sono diverse: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l'aumento del prezzo del carburante .
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2019, l'economia iraniana sta subendo una contrazione a causa delle sanzioni economiche americane. Infatti, l'export è crollato del 90%, l'inflazione è molto alta (35%) e la disoccupazione, soprattutto tra i giovani, supera il 30%.
Le sanzioni, sospese nel 2015, sono state nuovamente imposte dall'amministrazione americana, Donald Trump, al fine di costringere l'Iran ad abbandonare il programma nucleare ed ad assumere un atteggiamento meno violento nei confronti del Medio Oriente.
Un'altra motivazione è il malessere generale della popolazione iraniana che da 40 anni subisce restrinzioni e repressioni continue da parte del regime.
Inoltre, alcuni specialisti ipotizzano che dietro la protesta popolare si celi una lotta di potere con dei contorni non ancora chiari.
La denuncia di Amnesty International
Secondo quanto riferito da Amnesty International sarebbero almeno 106 le vittime della repressione e in più permane un blackout quasi totale di internet.
#IranProtests: sarebbero almeno 106 manifestanti uccisi in 21 città. Permane un black-out quasi totale su Internet. Le autorità devono rispettare i diritti alla libertà di manifestazione pacifica e alla libertà di espressione https://t.co/q6LkjEaWIU
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) November 20, 2019
L'organizzazione ritiene che il numero di vittime sia ancora più alto.
Infatti, secondo alcune fonti potrebbero essere 200 i manifestanti uccisi.
I video che Amnesty International ha analizzato mostrano tutta la crudeltà del regime nei confronti di una manifestazione pacifica: manganellate, gas lacrimogeni, armi da fuoco per disperdere la protesta e manifestanti colpiti da cecchini piazzati sui tetti oppure in elicottero.
Inoltre, stando alle dichiarazioni dei testimoni oculari, le forze di sicurezza avrebbero portato via cadaveri e feriti dalle strade e addirittura dagli ospedali. Si tratta di un modus operandi già applicato in passato.
Tra le persone arrestate c'è la difensora dei diritti umani, Sepideh Gholian, arrestata il 17 novembre mentre protestava pacificamente, mostrando un cartello che parlava dell'aumento della benzina. L'organizzazione teme che sia destinata alla tortura, come accade a tutti coloro che difendono i diritti umani.
La repressione passa anche attraverso il blocco di internet, uno mezzo considerato molto pericoloso per i regimi come quello iraniano. Il 16 novembre le autorità hanno attivato un blocco totale di internet, al fine di evitare la diffusione d'immagini e video della repressione. Ad oggi permane un blackout quasi totale, anche se alcuni utenti riescono a collegarsi per altre vie.