ROMA - Montesacro accoglie le opere di Aurelio Bulzatti. Tante le mostre in giro per l'Italia, fra cui questa appunto nella Capitale. Porteaperte a piazza Sempione per questo weekend, dove sabato alle 15,30 la salaconsiliare del III municipio ospiterà la mostra “Identità nomade” nell’ambitodel progetto ART3, fino al 21 febbraio. I quadri, dipinti ad olio, spaziano inun arco temporale che va dal 2005 al 2010 in cui Bulzatti racconta, con scorcifotografici, la vita degli homeless, degli ultimi, degli emarginati.

Le identità nomadi di Aurelio Bulzatti.

Un’identitàche si mischia alla vita di strada raccontata per immagini in sequenza come iriquadri dei senzatetto, in cui dei giovani con jeans, scarpe da tennis egiacche azzurrine, si lavano il viso, le mani e i piedi, in uno dei famosinasoni di Roma. Qui l’artista cattura il gesto essenziale, dignitoso, la necessità intima della pulizia del corpo,in pose delicate. Le scene sono mute, silenziose: i ragazzi sono immortalatimentre si lavano in una fontanella, in uno spazio costruito di mattonellerettangolari che si profilano in prospettiva. Ma attorno il nulla, il vuoto, ilsilenzio, come quasi a segnalare l’incomunicabilità del disagio che rimaneindecifrabile nel vuoto sociale. Ma questi ragazzi però sono composti, condignità, e allungano mani e piedi verso la fontanella, con una naturalezzaquotidiana, mentre con il viso rivolto verso il basso non guardano lospettatore, non incrociano gli occhi dei passanti.

Una solitudine composta equotidiana, appunto, quella che Aurelio Bulzatti racconta in queste sequenze.

Le donne gravide di Bulzatti. Nel quadro “Gravida” Bulzatti racconta una passeggiatasolitaria di una ragazza incinta nel bel mezzo di una notte solitaria,rischiarata dalle luci opache dei lampioni, in una strada metropolitana.

Latrattazione della luce ricorda in filigrana i colori gialli del Van Gogh, maqui l’elemento decisivo è il grembo che la donna sostiene con le mani. Il visoè naturale, i gesti non sono scomposti, l’andatura è a passo d’uomo. Ma questascena è carica di silenzi, di vuoti, dell’assurdità di una passeggiata notturnache una ragazza incinta compie in una strada metropolitana.

L’assenza dipersonaggi è un’allusione al pericolo, all’imprevedibile, che la giunglametropolitana può cullare nella notte. E qui, ancora, il tema sociale dell’emarginazione,degli ultimi.

Le donne cassonetto. E nel quadro “Donna cassonetto” Aurelio Bulzatti sbattesempre in faccia al visitatore una realtà quotidiana. Una donna, una rom, cheaffonda le braccia e lo sguardo in un cassonetto dell’immondizia perraccogliere rifiuti urbani. Quei rifiuti urbani che la società cestina e gliultimi riciclano. Anche qui l’azione viene celebrata nel vuoto e nel silenzio,dove il soggetto rappresentato, l’ultimo della società, non guarda lo spettatoree nemmeno si fa guardare. È Aurelio Bulzatti che ci porta a concentrare losguardo su quelle scene di quotidiana povertà ed emarginazione. Condelicatezza, con i colori appena soffusi, Bulzatti racconta la tragicitàsilenziosa degli emarginati.