Ai piccoli Archimede made in USA non manca certo la fantasia. Il Paese a stelle e strisce è la patria di inventori più o meno qualificati che immettono sul mercato, a giorni alterni, in nome del "sogno americano", qualsiasi prodotto che sia venuto loro in mente. Dalla medicina miracolosa che come tale non ha successo, salvo diventare, da li a pochi anni, la bibita più bevuta del pianeta (la Coca Cola), al copricapo che massaggia la testa per facilitare il relax ed il sonno.
Pur eccellendo in creatività, gli americani difettano di tatto, come nel caso del Rob Rhinehart, il quale ha ideato un cibo liquido "tutto compreso", dandogli però un nome dai trascorsi non propriamente affidabili.
Ma andiamo con ordine: Rob Rhinehart, 25 anni, originario di Atlanta, per sbarcare il lunario, si è lanciato nella commercializzazione di un prodotto che dovrebbe metter fine ai pasti tradizionali (solidi), facilitando soprattutto chi non vuole perder tempo ai fornelli e rifugge il "problematico" rito del sedersi a tavola per consumare il cibo.
Detta così la cosa fa un po' ridere, ma c'è chi invece l'ha presa seriamente: sono coloro che, utilizzando il sistema di crowdfunding sul sito di Rhinehart, gli hanno inviato, sino ad ora, circa un milione di dollari in donazioni. Il prodotto elaborato dal giovane statunitense - una specie di "beverone" dall'incerto colore, consiste in un mix bilanciato di maltodestrina, un carboidrato complesso idrosolubile che si ottiene tramite idrolisi, scomponendo amidi dei cereali o dei tuberi, proteine del riso, farina d'avena, vitamine e minerali.
Poco conta, come hanno rilevato i detrattori, che Rob Rhinehart sia un ingegnere elettronico senza specifiche competenze alimentari; in fondo i componenti del "cibo" di Rob sono approvati dalla U.S. Food and Drug Administration e poi, con le donazioni, Rhinehart ha creato un team (si immagina composto da esperti di alimentazione e nutrizionisti) che ha apportato concrete migliorie alla formula originale.
Che cosa c'entra, però, il discorso della "mancanza di tatto" con il super nutriente cibo ideato da Rhinehart? C'entra perché, come dicevamo, il nome scelto (Soylent) fa rabbrividire chi conosce, anche minimamente, la filmografia di fantascienza o quella distopica del romanzo di Harry Harrison, tradotto in pellicola e titolato in Italia, "2022: i sopravvissuti". Nel film del 1973, si narra di come l'inaridimento della terra e il consumo di quasi tutte le risorse avesse portato, da un lato alla legalizzazione del suicidio assistito e dall'altro, alla creazione di un unico alimento per le masse affamate: il Soylent, una galletta colorata, gialla o rossa se fatta di mais o soia, verde se fatta di plancton. Quest'ultima però, si scoprirà nel corso del film, essere prodotta proprio dai cadaveri di coloro che venivano, per anzianità o malattia, accompagnati alla "dolce morte" dall'apparato statale.
La "mancanza di tatto" è nulla se si pensa che la scelta del nome da parte del creatore del Soylent è stata consapevole: Rhinehart si è volontariamente ispirato alle gallette di carne umana del film e quella che poteva essere, di primo acchito, un'infelice scelta, si rivela invece la precisa strategia di marketing per fare presa sui consumatori. Quando poi si scopre che Rhinehart ha dichiarato che il Soylent è il suo personale "contributo" al problema della fame nel mondo, il brivido di cui sopra si trasforma in inarrestabile tremore.
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