Tra le più recenti novità negli studi sull'Alhzeimer c'è la scoperta, alcune settimane fa, di una molecola che sarebbe in grado di frenare la progressione della malattia, e lo sviluppo di un test per la diagnosi precoce effettuabile tramite una biopsia della pelle.

L'ultima novità arriva dagli Usa, e riguarda la scoperta della possibile causa del disturbo neurodegenerativo. Un team di ricercatori della Duke University School of Medicine ha messo in relazione la comparsa dei primi segni della malattia con alcune modifiche di cellule del sistema immunitario situate nel cervello, denominate microglia, che al manifestarsi della malattia iniziano a consumare in dosi elevate un amminoacido, l'arginina, importante per la memoria.

Lo studio, condotto sui topi, ha dimostrato che riducendo il consumo di arginina, usando un inibitore enzimatico, si riduce la produzione di sostanze proteiche responsabili della degenerazione delle cellule nervose.

Ora i ricercatori sperano di poter sperimentare una particolare molecola, la Dfmo, fino ad oggi utilizzata in test clinici contro il cancro, come farmaco contro l'Alhzeimer.

"Il nostro studio apre a un modo completamente diverso di pensare la ricerca" spiega Carol Colton, tra gli autori della ricerca."Se riuscissimo a confermare anche negli uomini che il consumo di arginina gioca un ruolo così importante nel processo degenerativo, forse potremmo bloccarlo, ed invertire in questo modo il corso della malattia".

Il morbo di Alzheimer è una tra le più diffuse forme di demenza senile: dai dati dell'Alzheimer's disease international (Adi), una federazione internazionale legata all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), più di 25 milioni di persone, in prevalenza anziani over 65 (perlopiù donne), sono affette da questa malattia.

E secondo le previsioni dell'Adi tale cifra sarebbe destinata a triplicare entro il 2030, arrivando a toccare i 76 milioni di casi.

Solo rispetto al 2005, secondo il World Alzheimer report del 2014, i casi di Alzheimer e demenza sarebbero cresciuti del 50%, arrivando a superare i 600 mila malati.