I ricercatori della sede di Chicago dell'Università dell'Illinois sono riusciti a descrivere la struttura molecolare della proteina denominata beta-42, ovvero uno dei componenti delle placche amiloidi, gli agglomerati proteici che "soffocano" i neuroni nel morbo di Alzheimer. La scoperta, pubblicata su Nature Structural and Molecular Biology, è di fondamentale importanza dato che la proteina amiloide beta-42 è altamente neurotossica e si pensa funga da innesco per la serie di eventi patologici che caratterizzano la malattia.

Il metodo di indagine e i risultati.

La proteina beta-42 tende a aggregarsi in formazioni filiformi chiamate fibrille le quali, a loro volta, formano degli gomitoli chiamati placche amiloidi. I ricercatori di Chicago hanno sottoposto le fibrille a uno speciale esame spettroscopico chiamato solid-state NMR (SSNMR) spectroscopy grazie al quale sono riusciti a ricostruire la struttura tridimensionale della proteina. "In questo modo" spiega Yoshitaka Ishii, professore di chimica all'Università di Chicago e coordinatore dello studio "abbiamo potuto rivelare che la proteina forma tre strutture piatte, chiamati foglietti beta, che si piegano due volte su loro stesse a formare una S". Dunque, in base a questi dati, la proteina è assimilabile a una fettuccina ripiegata per due volte.

"Inoltre" continua Yoshitaka Ishii "abbiamo osservato che il primo amminoacido della catena proteica si lega tramite un ponte salino o legame ionico, ovvero un legame forte tra una carica positiva e una negativa, con un amminoacido della prima piega della S. Questo spiega perché la struttura della proteina amiloide beta-42 sia molto stabile, perché sia particolarmente refrattaria a legarsi con molecole di acqua, e perché non si leghi ad altre proteine delle placche amiloidi, come la beta-40, una proteina più diffusa nelle placche amiloidi ma meno neurotossica.

Infine, la struttura delle singole molecole di proteina amiloide beta-42 spiega come esse possano collegarsi a formare le fibrille".

Le possibili ricadute della scoperta. "Aver compreso le caratteristiche strutturali della proteina amiloide beta-42" conclude il professor Yoshitaka Ishii "potrebbe offrire una visione inedita del processo di diffusione della malattia di Alzheimer nel tessuto nervoso".

L'aspetto più importante della scoperta, tuttavia, risiede nella possibilità di disegnare farmaci specifici per attaccare la proteina amiloide beta-42. Infatti, le molecole create per "sciogliere" la sorella più diffusa ma meno aggressiva, la proteina amiloide beta-40, potrebbero non essere efficaci.