I social networksono ormai diventati una parte integrante nella vita delle nuove generazioni. I ragazzini più piccoli, e soprattutto gli adolescenti, sembrano essere completamente soggiogati da queste nuove piattaforme. Dipendenti da profili, pagine e gruppi, nemmeno di notte riescono a staccarsi da smartphone, tablet e pc. Uno studio medico dell'Università di Glasgow, però, ha condotto una ricerca interessante su alcuni teenager, riscontrando un alto tasso di pericolositàcausato dagli accessi notturni ai social.
La ricerca scozzese
I ricercatori scozzesi hanno preso in esame 467 ragazzini, di un'età compresa tra gli 11 e i 17 anni, e li hanno sottoposti ad un questionario riguardante le loro abitudini relative all'utilizzo di internet.
Ne è emerso che moltissimi adolescenti restavano svegli fino a notte fonda per controllare i loro account in attesa di like e commenti, utilizzando perfino due dispositivi contemporaneamente. Proprio questi, a differenza dei loro coetanei meno dipendenti, sarebbero ad alto rischio di ansia e depressione. Questi siti, infatti, sono strettamente legati all'idea di autostima e realizzazione personale creatasi nelle nuove generazioni. È naturale, quindi, che un insuccesso su queste piattaforme generi dispiaceri e preoccupazioni in un'età così critica come quella dell'adolescenza, ma non bisogna sottovalutarne i pericoli e i rischi per la salute.
I risultati del test
Secondo i dottori scozzesi, infatti, chi effettua accessi notturni su Facebook o Twitter ha un'autostima molto più bassa rispetto a chi riesce a trattenersi.
I danni di una tale abitudine, però, non si fermano soltanto a questo. La frequentazione di questi siti durante le ore notturne può agire sui meccanismi cerebrali degli adolescenti, portando addirittura allo sviluppo di ansia ed a vere e proprie sindromi depressive. Non va dimenticato, inoltre, che la mancanza di un adeguato riposo produrrà anche stanchezza e sonnolenza nel giorno seguente, peggiorando così la resa scolastica del ragazzino. Dopo la scoperta di un quadro così allarmante, i ricercatori di Glasgow non possono che consigliare un uso più moderato dei social network e un ridimensionamento del loro ruolo nella vita quotidiana.