Sei persone afflitte da quadriplegia, la paralisi che colpisce in modo contemporaneo tutti e quattro gli arti, sono riuscite a compiere delle azioni autonome, che ormai non potevano più realizzare, grazie ad uno speciale guanto hi tech messo a punto da una equipe italiana della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. Il guanto riesce a tradurre l’attività del cervello e a trasmetterla tramite di impulsi recepiti da una cuffia all’arto paralizzato, grazie ad una tecnologia basata su onde radio a bassa frequenza senza fili, in pratica un vero e proprio wireless.

La cuffia in questione è invece stata realizzata da un gruppo di ricercatori guidato da Surjo Soekadar dell’università di Tubinga, città della Germania sud-occidentale a 35 km da Stoccarda. Questo guanto, che potrebbe rappresentare un vero e proprio trampolino di lancio per una nuova fase della robotica applicata alla medicina, è frutto di un lavoro coordinato che ha interessato, oltre ad Italia e Germania, anche la Spagna. La sperimentazione, a cui l’Italia a preso parte grazie a Fondazione Don Gnocchi di Firenze e ospedale San Camillo di Venezia, si è svolta presso l’istituto Guttmann di Barcellona.

Ora più ricerca e tempi più lunghi per sperimentare e migliorare

La vera novità di questa sperimentazione, sottoposta a 5 uomini e 1 donna di età compresa fra 14 e 30 anni e pubblicata sulla rivista Science Robotics, sta in due fattori fondamentali: il livello di progresso ottenuto rispetto ai tentativi del passato e la minore o quasi nulla invasività nei confronti del paziente.

Gli esperimenti realizzati fino a questo momento, al contrario, oltre ad aver ottenuto risultati modesti si erano rivelati decisamente più invasivi. E’ giunto però il momento di intensificare la ricerca, proprio per non vanificare il prezioso lavoro sin qui prodotto. A dirlo per primi sono gli scienziati che hanno portato a termine questo esperimento.

Nicola Vitiello dell’Istituto di Bio Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna pone l’accento sulla grande necessità di coinvolgere una fetta maggiore di popolazione e allungare i tempi di sperimentazione. ‘Solo così –dice Vitiello- sarà infatti possibile capire come migliorare ancora le prestazioni dei vari moduli che compongono il sistema, ovvero il sistema robotico e la sua interfaccia con l’utente, e come pianificare una strategia di lungo periodo per portare questo tipo di tecnologie sul mercato’