La "paleodieta" o "dieta paleolitica" tanto in voga ai giorni nostri, baserebbe la propria efficacia dimagrante sull'utilizzo principale di alimenti di origine animale. Si pensa che l'uomo primitivo in era paleolitica fosse un cacciatore, prevalentemente carnivoro, certo in continuo movimento e piuttosto "allenato".

Da qui l'dea di costruire una dieta come "ritorno alle origini" (difficile per la verità con gli alimenti, spesso trattati e ricchi di additivi, che oggi troviamo sulle nostre tavole), con largo consumo di alimenti proteici (carne rossa e bianca, ma anche frattaglie, uova, selvaggina e persino alimenti più strettamente "paleo" come larve ed insetti), poca frutta, verdura e semi oleosi, il tutto da consumarsi preferibilmente crudo.

Le varianti della paleodieta

Numerose sono le varianti della paleodieta, ma tutte vietano latte e derivati, cereali (pane, pasta, tutti i prodotti da forno..), i legumi, tutte le bevande alcoliche e analcoliche e ovviamente i cibi industriali o trasformati (la trasformazione include, nella versione della paleodieta più rigida, la cottura). Tollerati pesci, molluschi e alcuni oli. Non ci sono limiti per le assunzioni dei cosiddetti alimenti "paleo" di origine animale, cosa che peraltro ha incoraggiato tutti coloro che credono di poter così saziarsi senza alcun senso di colpa, riuscendo persino a dimagrire. Ma l'effetto è dovuto, come per altre diete iperproteiche, alla "chetogenesi", processo in cui l'organismo, privato del carburante per eccellenza, i "carboidrati", è costretto ad utilizzare il proprio tessuto adiposo, preservando la massa magra.

Ecco perché è spesso scelta da chi pratica culturismo,complice anche la suggestione evocata dall'immagine di un uomo delle caverne possente e nerboruto. Molti inoltre ne vantano le numerose attività benefiche come sulla steatosi epatica non alcolica o in pazienti con diabete mellito di tipo 2 , per la dimostrata capacità di riduzione soprattutto del grasso epatico e viscerale.

Ma come si alimentavano davvero i nostri antenati?

Il Gesher Benot Ya'aqov, sito archeologico del Pleistocene, a Nord della Valle del Giordano, sul litorale dell'antico lago Hula, ha permesso ai ricercatori dell'Istituto di Archeologia dell'Università ebraica, guidati dalla prof.ssa Naama Goren-Inbar, di rinvenire numerosi resti alimentari risalenti ad oltre 780.000 anni fa.

Le particolari condizioni climatiche di umidità e carenza di ossigeno hanno perfettamente conservato numerosi reperti, tra cui circa 55 specie vegetali edibili (semi, frutti, foglie, steli, radici e tuberi) già conosciute e consumate all'epoca dell'Homo erectus, nonché resti di pasti a base di prodotti della pesca, rettili ed elefanti. La cosa interessante è che molti di questi alimenti hanno subito il processo della cottura, dunque persino la scoperta del fuoco ed il suo utilizzo per rendere gli alimenti commestibili non è qualcosa che è subentrata successivamente, con l'avvento dell'agricoltura. E' stato dimostrato che molte piante tossiche (noci e radici in particolare) venissero consumate previa cottura.

Paleodieta precursore della dieta Mediterranea

Senza voler mettere in dubbio i probabili effetti dimagranti e benefici della paleodieta di concezione moderna, è chiaro che l'uomo primitivo fosse già in grado di riconoscere e sfruttare le numerose fonti alimentari (carboidrati compresi, come lo sono i tuberi), con una sorprendente adattabilità al clima e all'ambiente, riuscendo persino a "cucinare" e quindi trasformare, già in epoche remote, il cibo per renderlo migliore e più gradevole (rinvenuti segni di torrefazione di semi e radici). Alla luce di queste nuove scoperte la vera dieta paleolitica, conclude la Goren, potrebbe piuttosto essere considerata come il precursore della dieta Mediterranea.