Avevano denunciato la presenza di micotossine e glifosato nel grano utilizzato per la produzione della pasta da parte delle aziende italiane, fra cui Barilla, Divella, De Cecco, Lucio Garofolo e La Molisana ed alla fine il Tribunale ha dato ragione a GranoSalus e I Nuovi Vespri, insieme all'Associazione dei consumatori. Qualcuno ha rievocato l'immagine biblica di Davide contro Golia, tanto era il divario fra le due parti in causa visto che le big dell'industria italiana erano accompagnate dall'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane.
La sconfitta decretata dai giudici di Roma è stata pesante, anche se probabilmente non avrà conseguenze sul lato pratico.
"Legittima manifestazione del pensiero"
Il Tribunale della Capitale ha rigettato nuovamente il ricorso presentato dai big dell'industria della pasta in merito al caso del grano contaminato, scoppiato nella primavera di quest'anno. Barilla, insieme alle altre aziende, aveva chiesto la rimozione di alcuni articoli pubblicati su internet che avevano al centro un'inchiesta di Granosalus. I risultati delle ricerche condotte dall'associazione avevano sollevato numerose polemiche in rete e sui social, in quanto dall'inchiesta emergeva la presenza di contaminanti del grano, appunto le micotossine ed il glifosato.
La recente sentenza del Tribunale civile di Roma stabilisce che gli articoli in questione non vadano rimossi poiché rappresentano una legittima espressione del diritto di critica e di manifestazione del pensiero. Nel giugno scorso, il Tribunale aveva respinto un primo ricorso presentato dalle big della pasta, i cui prodotti sono reperibili in tutti i supermercati del nostro territorio, indistintamente da Nord a Sud.
Una seconda sconfitta, quella delle ultime ore, a cui difficilmente seguirà un nuovo ricorso (sarebbe il terzo nel giro di quattro mesi).
La guerra del grano
Per dovere di cronaca, va detto che le percentuali di contaminanti di grano rilevate nei campioni di pasta analizzati nel corso dell'inchiesta dell'associazione GranoSalus rientrino nei valori limite previsti dall'Unione Europea.
Nonostante ciò, rimane il danno di immagine per le industrie citate qui sopra, che si sono viste negare la possibilità di far rimuovere gli articoli pubblicati nel mese di marzo. Gli industriali, dopo che l'inchiesta era divenuta di dominio pubblico, avevano replicato sostenendo che le analisi non erano state effettuate secondo i giusti criteri e per questo motivo non erano da ritenersi valide.