Forse l'ipotesi virale dell'Alzheimer, avanzata negli anni da alcuni scienziati, non era così azzardata come poteva sembrare. Per la prima volta è stato provato uno stretto legame tra la patologia cerebrale e la presenza di virus: i patogeni appartengono alla famiglia degli herpesvirus umani e sono capaci di interferire con il genoma neuronale, alterandolo e predisponendo le cellule cerebrali alla formazione di placche amiloidi, di proteine Tau, che sappiamo essere segnali della malattia.
I due herpes virus
Sono due i ceppi di herpesvirus umano, l' Hhv-6A e l' Hhv-7, che potrebbero avere un ruolo di prim'ordine nella malattia di Alzheimer.
L'ipotesi che mette infezioni virali come innesco della malattia è stata avvalorata da un team di studiosi della Scuola di Medicina Icahn del Mount Sinai Hospital, insieme a ricercatori dell'Uiversità Statale dell'Arizona. Lo studio è anche stato sponsorizzato da un consorzio legato all'Alzheimer e che supporta le scoperte in campo farmacologico per debellare la grave malattia, il cui acronimo è Amp-Ad, direttamente originato dall'Istituto Nazionale della Salute. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista di settore "Neuron" dove l'autore, Ben Readhead, con i suoi colleghi ha affermato che continuerà a testare le nuove ipotesi e a cercare ulteriori bersagli per i farmaci.
La scoperta
I ricercatori hanno scoperto che nel genoma neuronale di pazienti affetti da Alzheimer, soprattutto nelle cellule nervose di sei aree cerebrali ritenute critiche per lo sviluppo della malattia, si registrava una presenza massiccia o addirittura doppia dei due virus HHV 6A e HHV 7 in relazione a soggetti sani di pari età.
E' opportuno sapiegare che nel tessuto cerebrale di soggetti in età avanzata è normale trovare tracce di virus comuni, anche negli individui sani. Gli studiosi hanno anche identificato delle reti genetiche per mezzo delle quali i geni che hanno origini virali riescono ad interferire con il genoma ospite, provocando alterazioni metaboliche nel cervello.
Il campione da cui sono stati tratti i dati era costituito da tessuto cerebrale prelevato post mortem da 622 pazienti con Alzheimer e 322 donatori cerebrali sani. Con il metodo di sequenziamento del Dna sono stati individuati i geni virali, con quello dell'Rna si sono ottenuti i dettagli sui geni espressi. Anche la storia clinica pre mortem dei pazienti è stata registrata per poter definire di che tipo di declino cognitivo siano stati affetti i pazienti, così come la quantità di placche amiloidi e di grovigli di proteina Tau. La comparazione è stata affrontata con strumenti tecnologici che hanno permesso di verificare l'influenza di ciascun virus sui geni e sulle proteine dei neuroni e di identificare il legame tra virus, placche amiloidi, grovigli neurofibrillari e demenza clinica.