Un dottorando francese, Bertrand Routy, tre anni fa conduceva uno strano tipo di studio preso di mira dai colleghi oncologi del centro Gustave Roussy, perchè perlustrava gli ospedali alla ricerca di campioni fecali di pazienti oncologici sotto trattamento. Routy veniva preso in giro in modo spietato circa la natura della sua ricerca, gli avevano addirittura dato il nimignolo di "Mister cacca”. Ma i fatti gli hanno dato ragione: Routy, con alcuni colleghi, ha recentemente pubblicato gli esiti della sua ricerca con la dimostrazione che esistono dei batteri intestinali che amplificano la risposta ai trattamenti oncologici.

Oggi, chi lo bistrattava, è ansioso di accedere ai campioni campioni fecali dei propri pazienti al fine di prevedere un tipo di risposta ai farmaci antitumorali.

La rilevanza dei batteri intestinali

Oggi tutta la comunità medico-scientifica si è svegliata e monitora la presenza di microrganismi intestinali in concomitanza di numerose patologie. Il dr.Routy oggi svolge ricerche presso l'Università di Montreal, in Canada, dove il legame tra tumore e microbioma è arrivato tardi, ma dove la biomedicina ha investito molto per portarsi al passo con il resto del mondo. E' ormai noto che negli ultimi anni la Scienza abbia collegato strettamente la composizione della flora batterica intestinale con patologie come la depressione, l'obesità, il cancro e le malattie neurodegenerative.

Il legame col cancro è stato scoperto grazie alle connessioni della malattia con l'infiammazione e l'infezione, a cui risponde una diversificazione del microbioma. Gli scienziati hanno quindi studiato come la flora intestinale risponde ai trattamenti utilizzati nelle terapie oncologiche per poter sfruttare al meglio le interazioni che ne derivano.

Già alcuni studi sui topi avevano dimostrato che i batteri intestinali influiscono sull'azione di alcuni farmaci dando risposte differenziate.

Manipolare il microbioma per avere risultati migliori

Lo scopo della ricerca è quello di manipolare il microbioma per migliorare la risposta clinica al cancro, anche se si è solo all'inizio e non tutti gli studiosi sono pienamente convinti di avere dei risultati certi in breve tempo.

Il legame tra microbi e immunoterapia è sotto la lente d'ingrandimento da qualche anno, ma già dagli anni 90 era stato scoperto che il tumore gastrico dipende dalla presenza del batterio infettivo Helicobacter pylori, mentre altri batteri iniziarono ad essere collegati al'innesco e all'avanzare del cancro. I batteri attivano la risposta infiammatoria, alterando lo strato mucoso che respinge gli agenti esterni ma contemporaneamente creando un ambiente ideale per la crescita del tumore. Oppure possono favorirne la sopravvivenza rendendo le cellule tumorali resistenti ai farmaci. Conoscendo questi meccanismo però, i batteri intestinali possono aiutare a combattere il cancro: alcune terapie oncologiche si basano sul microbioma intestinale per attivare il sistema immunitario.

L'attivazione della risposta immunitaria

Un team di ricercatori guidato dal dr. Laurence Zitvogel cinque anni fa ha scoperto che un chemioterapico, la ciclofosfamide, rovina la mucosa che riveste l’intestino, e permette quindi ad alcuni batteri intestinali di spingersi fino a linfonodi e milza, dove attivano alcune cellule immunitarie. Nei topi di laboratorio cresciuti in assenza di microbi o trattati con antibiotici, il farmaco non aveva molto effetto, per cui Zitvogel capì che i batteri intestinali influenzano la risposta degli immunoterapici detti inibitori dei checkpoint, farmaci ottenuti da anticorpi che indirizzano la risposta immunitaria di un individuo contro le cellule tumorali e che oggi si usano per molti tipi di tumore.

Lo studio di Zitvogel dimostrò che i topi trattati con un batterio, il Bacteroides fragilis, rispondevano alla cura molto meglio di quelli cresciuti in ambiente asettico, perchè il batterio aveva accresciuto la facoltà delle cellule immunitarie di rispondere al tumore.