Ben 18 marchi di bibite gassate e soft drink sono stati contaminati da microplastiche. E' questo il risultato dello studio commissionato al Gruppo Maurizi da Il Salvangente, per valutare la quantità e l'impatto delle microplastiche sulle bibite che quotidianamente arrivano sulle tavole degli italiani. Un test importante perché le microplastiche sono accusate di avere effetti presumibilmente dannosi per l'organismo umano.

Classifica dei marchi con le microplastiche

Nello studio sono stati coinvolti anche alcuni tra i marchi più noti sul mercato italiano ed estero: soft drink e bibite Beltè, Coca Cola, Fanta Sprite, Seven Up, Pepsi, San Benedetto, Schweppes.

Tutti i marchi esaminati, nessuno escluso, includono una quantità di microplastiche molto alta che va da valori minimi pari a 0,89 mpp/l (microparticelle per litro) ad un valore massimo di 18,89 mpp/l.

La microplastica, dunque, è assimilabile formalmente ad un alimento come molti altri, data la ingente quantità presente nei prodotti finiti sotto esame. I marchi di soft drink e bibite coinvolti nella classifica, disposti in ordine crescente di microplastiche, sono i seguenti:

  • Freeway Lidl Thè al limone: 0,89 mpp/l
  • Thè Limone PAM: 1,11 mpp/l
  • San Benedetto Aranciata: 1,11 mpp/l
  • Esselunga Thè Limone: 2,22 mpp/l
  • Sprite: 3,33 mpp/l
  • Coca Cola: 3,50 mpp/l
  • Fanta: 4,57 mpp/l
  • Beltè Limone: 6,22 mpp/l
  • Coop Thè al limone: 6,67 mpp/l
  • Schweppe cedrata: 7,00 mpp/l
  • San Benedetto Thè limone: 7,33 mpp/l
  • Guizza gassosa: 10,00 mpp/l
  • Guizza aranciata: 11,33 mpp/l
  • Pepsi: 13,00 mpp/l
  • Schweppes tonica: 14,60 mpp/l
  • Gazzosa Esselunga: 15,33 mpp/l
  • Gazzosa San Benedetto: 15,75 mpp/l
  • Seven Up con 18,89 mpp/l

A proposito delle analisi effettuate per esaminare l'eventuale presenza di microplastiche all'interno di bibite gassate e soft drink, L'AD del Gruppo Maurizi, Daniela Maurizi, ha dichiarato: "Abbiamo realizzato accurate prove di fondo e di bianco per verificare eventuali contaminazioni anche da parte dell’aria circostante".

Prove che danno la garanzia di ottenere risultati verosimili e affidabili, in accordo con i protocolli di legge per analisi di questo genere. La dott.ssa Maurizi ha, quindi, aggiunto che "I dati rilevati nel nostro laboratorio confermano il legame tra inquinamento ambientale e catena alimentare” , affermazione che dà da pensare sul consumo di bibite conservate in contenitori di plastica come quelli delle bibite finite sotto esame.

"Da qualche anno chi la cerca, a prescindere da cosa analizza, la trova" - fanno sapere da Il Salvagente e dal Gruppo Fabrizi, consci che ad essere inquinati sono, in primis, i pesci e la carne che vengono abitualmente consumati da ignari consumatori, così come il miele.

Un precedente studio aveva già verificato come anche l'acqua in bottiglia di plastica fosse caratterizzata da un'alta presenza di microplastiche.

Allora, su 259 marchi analizzati, solamente in 17 avevano superato la prova. Tutte gli altri, irrimediabilmente bocciati con una media di 314,6 mpp/l con spike massimi oltre i 10.000 mpp/l secondo l'indagine condotta da Orb Media con il supporto tecnico della Fredonia State University of New York.

Proprio in una bottiglia di Nestlé Pure Life acquistata su Amazon e campionata, era stato misurato un contenuto di 10.390 mmp/l. Il marchio più virtuoso, invece, era stato San Pellegrino con appena 74 mpp/l.

Che cosa sono le microplastiche

Sotto accusa sono le bottiglie in Pet, sigla abbreviata del più esteso "polietilene tereftalato" che ha dimostrato di cedere un'eccessiva quantità di microparticelle alla bibita in esso contenuta.

Per microplastiche si intendono microparticelle di materiale plastico, di dimensione compresa tra il millimetro fino ad alcuni micrometri, che provengono da lavorazioni industriali, dalla produzione di cosmetica e abbigliamento e, in genere, dalla lavorazione di materiali plastici, ossia derivati dal petrolio.

Le microplastiche sono catalogate in due categorie: la primaria che comprende quelle prodotte direttamente dall'uso di materiali plastici da parte dell'uomo, la categoria secondaria che identifica quelle derivate dalla frammentazione di porzioni più grandi di materiali plastici a causa di rottura, deperimento, sfregamento, e operazioni simili.

Esistono diversi studi clinici che richiamano l'attenzione su presunti effetti negativi delle microplastiche sull'organismo umano.

Attualmente, il programma di biomonitoraggio più ricco di dati è il Nhanes che annovera molti composti chimici derivati dalla produzione e dall'uso di materiali plastici di varia natura, come il Bisfebolo A, lo stirene, gli ftalati, e i ritardanti di fiamma bromurati che possono avere effetti sul sistema endocrino umano.