Il primo ministro britannico Boris Johnson, con un cambio di rotta rispetto a quanto dichiarato in precedenza, ha annunciato l'implementazione di misure molto più severe per affrontare l'epidemia di Coronavirus.
Secondo Reuters, la decisione sarebbe stata determinata dal fatto che un autorevole centro di ricerca ha stimato in circa 250.000 il numero dei decessi associati alla strategia annunciata in precedenza.
La stima è contenuta in un report elaborato dall'Imperial College Covid-19 Response Team, coordinato dal professor Neil Ferguson, esperto della diffusione delle malattie infettive. Si intitola "Impact of non-pharmaceutical interventions (NPIs) to reduce Covid-19 mortality and healthcare demand".
Le stime dei decessi per Covid-19
Le cifre che hanno fatto cambiare idea a Boris Johnson includono decessi per 2,2 milioni di persone negli Stati Uniti e 500.000 nel Regno Unito nell'ipotesi di totale assenza di misure di contenimento. Le conseguenze dell'epidemia risultano maggiori per gli Usa a causa della diversa ampiezza geografica e della particolare diffusione della popolazione sul territorio.
Inoltre, secondo l'imperial College, il piano annunciato in precedenza dal governo britannico per controllare il virus, che prevedeva l'isolamento domiciliare dei casi sospetti, ma che non includeva restrizioni per la società in generale, avrebbe potuto causare la morte di 250.000 persone. L'approccio avrebbe "probabilmente portato a centinaia di migliaia di morti e spinto al collasso i sistemi sanitari (in particolare le unità di terapia intensiva)".
Le strategie contro il coronavirus: mitigazione e soppressione
Oggetto dello studio dell'Imperial College è stato il ruolo potenziale di una serie di misure di Salute pubblica - i cosiddetti interventi non farmacologici (Non-Pharmaceutical Interventions, NPI) - volte a ridurre le occasioni di contatto nella popolazione e di conseguenza la trasmissione del virus.
Le due strategie fondamentali sono:
- la mitigazione, che si concentra sul rallentamento, senza necessariamente arrestare la diffusione dell'epidemia e quindi ridurre i picchi della domanda di assistenza sanitaria proteggendo al tempo stesso le persone più a rischio di grave malattia da infezione;
- la soppressione, che mira a invertire l'andamento dell'epidemia arrestandone la diffusione e a mantenere questa situazione a tempo indeterminato.
Secondo lo studio, le politiche migliori di mitigazione (che combinano l'isolamento domiciliare dei casi sospetti, quarantena domestica di coloro che vivono nella stessa casa come casi sospetti, e il distanziamento sociale degli anziani e altri soggetti più a rischio di malattie gravi) potrebbe ridurre di 2/3 il picco di domanda di assistenza sanitaria e della metà il numero dei morti.
Tuttavia, l'epidemia attenuata che ne risulterebbe, comporterebbe probabilmente centinaia di migliaia di morti e i sistemi sanitari (in particolare le unità di terapia intensiva) verrebbero sottoposti a un sovraccarico intollerabile. Laddove è possibile, pertanto, la strategia di soppressione dovrebbe essere l'opzione politica da preferire.
Il dilemma costi sanitari ed economici del Covid-19
La conclusione principale dello studio è che l'efficacia di ciascun provvedimento è limitata, se preso singolarmente, e dunque è necessario mettere in pratica una combinazione di più interventi per avere un impatto rilevante sulla trasmissione.
Con riferimento al Regno Unito e agli Stati Uniti, la strategia di soppressione richiederà quantomeno una combinazione di distanziamento sociale della popolazione, l'isolamento domiciliare dei casi positivi e la quarantena domestica dei familiari.
È possibile che questi provvedimenti debbano essere integrati con la chiusura di scuole e università.
La sfida principale della soppressione è che questo tipo di politica deve essere mantenuta per lungo tempo (fino a quando non sarà disponibile un vaccino) perché la diffusione potrebbe riprendere rapidamente non appena la misura dovesse essere allentata.
Secondo Francois Balloux, biologo computazionale e direttore dell'UGL Genetic Institute, sebbene le conclusioni dello studio dell'Imperial College siano state largamente interpretate come un sostegno pieno alla strategia di "soppressione", la verità è più articolata: non esiste una soluzione facile. Il rapporto riconosce (ma non modella) l'estremo danno economico che un intervento di "soppressione" infliggerebbe all'economia (e di conseguenza alla salute, all'istruzione e alla durata della vita delle persone).
Il rapporto può essere letto in molti modi diversi, ma fondamentalmente conferma che ci troviamo di fronte ad una serie di opzioni scomode che variano tra il fronteggiare un pesante tributo di morti in questo momento a un futuro incerto e forse anche peggiore.
L'auspicio è che la pandemia coronavirus porti a galla il meglio dell'umanità, e che questa crisi funga da catalizzatore per affrontare in modo più efficace, insieme, le future sfide globali.