Nella giornata dell'11 marzo 2020 il Premier Giuseppe Conte, d'accordo con gli altri membri dell'Esecutivo, ha esteso a tutta Italia il decreto che obbliga i cittadini a muoversi da casa solo per urgenti necessità, questo in modo da contrastare l'epidemia di Coronavirus che sta interessando la nostra nazione.

Purtroppo molti cittadini non hanno recepito il messaggio. Basti pensare alle 46 mila denunce comminate in questi giorni dalle forze dell'ordine contro quanti a vario titolo non hanno rispettato il divieto di abbandonare la propria abitazione.

Il ministro dello sport al Tg1: 'Restare a casa'

Sulla vicenda è intervenuto lo stesso Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, dichiarando che se la gente continuerà a non rispettare il decreto, e quindi ad uscire di casa anche per necessità non urgenti, anche le attività sportive all'aperto potrebbero essere del tutto vietate, sempre in maniera momentanea, fino a quando l'emergenza non sarà del tutto passata.

“Penso che nelle prossime ore saremo costretti a prendere in considerazione il divieto di attività sportive all’aperto” ha chiosato infatti il ministro Spadafora che ha spiegato quale fosse lo spirito che aveva portato a non allargare il divieto alla corsa (anche in bici) su strada. “La comunità scientifica ci aveva detto di mantenere la possibilità di correre anche per altre patologie.

Ma l’indicazione era ed è quella di stare a casa. E se questo appello non verrà ascoltato saremo costretti a disporre il divieto”. Insomma una piccola libertà era stata concessa ma non è stata utilizzata a dovere, da qui la possibilità di un blocco totale.

Cresce il numero di contagi, si ammalano tantissimi medici

Ogni provvedimento più stringente si spiegherebbe comunque in ottica contenimento della malattia che continua ancora a proliferare in Italia.

Non solo tra i 'civili' ma anche e soprattutto nel personale sanitario.

I medici contagiati ad oggi sono l'8 per cento del totale, misura praticamente doppia rispetto al numero rilevato nell'emergenza cinese. A denunciarlo è stata la Fondazione Gimbe, una istituzione senza fini di lucro di diritto privato costituita dall'associazione Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze: '2.629 è un numero enorme, più del doppio di quanto accaduto in Cina" ha chiarito al riguardo il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta.

Proprio in considerazione di ciò è possibile che nelle prossime ore giungano altri team di medici cinesi. Dalle prime ipotesi evidenziate da Repubblica, sembra che il personale sanitario asiatico sarà direzionato in primis a Bergamo e Crema.