Il Laboratorio di biologia dell'Università di Pavia, nell'ambito di una ricerca condotta in collaborazione con GeneraLife, ha messo a punto un ovaio in 4D. Il gruppo di studio, coordinato da Silvia Garagna e Maurizio Zuccotti, si propone di ricostruire un ovaio di topo in quattro dimensioni, per studiare le possibili cause di infertilità riproduttiva femminile.
La ricerca è recentemente stata pubblicata anche sulla rivista scientifica "Human Reproduction Update".
La ricerca
L'idea che sta alla base del lavoro è che l'ovaio in 4D possa essere utile agli scienziati per valutare meglio alcune delle problematiche morfologiche, molecolari e funzionali che sono riconosciute come le maggiori cause di infertilità.
Lo studio delle diverse alterazioni condotto con tali modalità potrebbe, poi, essere applicato anche al genere umano consentendo di conoscere in modo più approfondito varie problematiche femminili, dall'ovaio policistico all'endometriosi. Molecole, cellule e tessuti che compongono gli organi, e quindi anche l'ovaio, interagiscono tra loro con modalità complesse, che variano nel tempo. L'ovaio in 4D consente di esaminare tali interazioni e il loro cambiamento, anche in rapporto a eventuali modifiche che intervengano nel loro ambiente.
La digitalizzazione
La ricerca biomedica vede nella digitalizzazione degli organi una interessante potenzialità di studio. Secondo il Ministero della Salute, l'infertilità femminile è causa di circa il 35-40% dell'infertilità di coppia, e si stima possa interessare un 15% di donne.
Ottenere l'ovaio in 4D consente ai ricercatori di avere a disposizione una specie di scatola funzionale, con una risoluzione senza precedenti. Grazie a ciò, è possibile mappare situazioni fisiologiche e patologiche. In questo modo, il gruppo di ricerca si propone di creare un atlante virtuale dell'ovaio, che consenta passi avanti nella ricerca clinica e, in futuro, anche nella terapia.
Una vasta collaborazione
L'ovaio in 4D è uno degli esempi di come le attuali frontiere biomediche richiedano interdisciplinarietà e collaborazione. Biologia, istologia, microscopia, ma anche ingegneria e intelligenza artificiale e clinica possono e devono interagire per facilitare l'evoluzione della conoscenza. Solo così diviene possibile creare modelli di studio sempre più evoluti e ipotizzare nuovi trattamenti terapeutici.