Il Disturbo oppositivo provocatorio è un comportamento in aumento sia tra bambini di giovane età che tra gli adolescenti. È difficile da riconoscere, sia da parte dei genitori che degli insegnanti. Si manifesta con espressioni di rabbia apparentemente ingiustificata, cambi di umore repentini, atteggiamenti provocatori sia nei confronti dei compagni che degli adulti. Spesso si verificano atteggiamenti vendicativi verso chi propone loro regole di comportamento sociale. Questi comportamenti provocano nel corso del tempo, menomazioni dell'adattamento e delle funzionalità sociali.

Cosa può fare la scuola?

Gli insegnanti che all'interno della propria classe si trovano a dover gestire uno o più alunni con il DOP, "sudano sette camicie" come sostiene la Dott.ssa Marina Panini, co-autrice del libro “DOP – Disturbo Oppositivo Provocatorio – Scuola Primaria” edito da Erikson. Infatti i docenti si trovano in grandi difficoltà sia dal punto di vista della comunicazione che dal punto di vista della propria emotività. Avere bambini con DOP "vuol dire dover imparare a surfare bene tra le onde, perché a volte c’è più calma ma a volte ci sono onde molto alte" dice la Papini utilizzando una metafora bel calzante. Anche se a supporto possono intervenire psicologi come nel caso di ansia da prestazione, assistenti sociali e istituzioni, non sempre la soluzione è a portata di mano.

Avere in classe un alunno con DOP significa trovarsi a dover fare i conti con il proprio autocontrollo e con la gestione del resto della classe, che necessita anch'essa di attenzione, soprattutto emozionale. Alcuni insegnanti riescono a mantenere il dialogo con gli alunni affetti da DOP, altri hanno manifestazioni di paura, sia per se stessi che per gli altri alunni.

Quali comportamenti per i bambini affetti da DOP?

Non è facile riconoscere gli alunni con DOP perché di primo acchito i loro comportamenti portano a pensare a provocazioni volontarie. Solo con la continua osservazione, che deve durare almeno 6 mesi, si può giungere ad una diagnosi anche se trovare un canale comunicativo adatto che porti risultati positivi è difficile.

Di fronte alle manifestazioni di rabbia, quando l'alunno sembra addirittura violento, insegnanti e genitori si sentono spesso impotenti. Questi bambini, che sembrano spavaldi, arrabbiati o muniti di una corazza impenetrabile, in realtà manifestano un abbassamento dell’autostima, una profonda fragilità, una sofferenza per cui loro utilizzano questi meccanismi come difesa per non mostrarsi così vulnerabili. È l'adulto quindi che deve intervenire, e cercare con toni di voce pacati, ma fermi, di aspettare che la curva emotiva della rabbia arrivi all'apice e poi lentamente si smorzi. La difficoltà maggiore è trovare il giusto equilibrio con il resto degli alunni che, se piccoli, rischiano di rimanere traumatizzati dalla visione di scene di difficile comprensione per loro. In secondo luogo, sia gli insegnanti che i genitori, devono aiutare i bambini o il ragazzo con attività che catturino la sua attenzione e che lo gratifichino.