E’ un gruppo davvero eterogeneo quello che sta correndo il Tour de San Luis, la corsa argentina che ha aperto questa settimana la stagione del Ciclismo. Insieme alle squadre World Tour e ai loro campioni ci sono tante piccole realtà locali. Sono squadre un po’ approssimative, con materiali, esperienza ed organizzazione non certo paragonabili a quelle delle formazioni di prima fascia. Ma in questa curiosa convivenza tra il ciclismo milionario di Astana e Movistar, e le povere realtà delle nazionali centro e sudamericane saltano fuori delle storie tutte da seguire.

Il ciclismo per 40 dollari

Basta uscire dal mondo dorato del World Tour per trovarsi di fronte a contrasti enormi che diventano uno specchio del mondo e dei suoi problemi. La nazionale cubana ne è uno degli esempi. I ragazzi cubani guadagnano 40 dollari al mese con il ciclismo, ed alcuni hanno dovuto comprarsi da soli la maglia con i colori della nazionale per poter correre. E le biciclette: una sola che si tratti di corsa in linea o crono, e con poche concessioni al carbonio.

“A Cuba è molto difficile allenarsi per poi competere una volta all’anno, ma una volta qui dobbiamo dimostrare di poter stare davanti” racconta Josè Mojica, uno dei ragazzi della nazionale cubana al Tour de San Luis. Il confronto con il ciclismo d’elite, quello multimilionario delle squadre World Tour con cui dividono il gruppo in Argentina, non viene vissuto con invidia o malessere, ma piuttosto come un sogno: “Io guadagno 40 dollari al mese come tutti i corridori di Cuba.

Loro guadagnano un sacco di soldi, ma se lo meritano. A tutti noi piacerebbe arrivare in una squadra così” spiega Mojica.

Intanto sulla lunga strada che porta verso il sogno del grande ciclismo, gli sportivi cubani, e non solo, possono sperare in un futuro migliore: “Cuba ha vissuto per cinquant’anni sotto un blocco” racconta Ramon Acosta, il CT cubano, che si augura che i rapporti tra Cuba e Stati Uniti consentano anche l’evoluzione dello sport cubano. “Il problema del ciclismo cubano è che abbiamo buoni atleti ma non possono gareggiare molto all’estero. Ci manca esperienza, ed è un problema di natura economica” spiega Acosta.