Il Consiglio dei ministri ha compiuto ieri il primo passo di quella che dovrebbe essere una riforma epocale per il sistema fiscale italiano: la riforma del Catasto. E' stato infatti dato il via libera alla formazione delle 106 commissioni censuarie, una per ogni provincia, che dovranno prima censire i 62 milioni di immobili per poi decidere sui criteri di adeguamento degli estimi catastali. Adeguamenti da definire sulla base di su calcoli forniti dall'Agenzia delle Entrate e che terranno conto della relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie degli immobili.

Le commissioni avranno un anno di tempo, dall'entrata in vigore del decreto legislativo, per insediarsi e rimarranno in carica per cinque anni, tanti quanto il tempo stimato per portare a termine il compito. Nel caso in cui qualcuna delle commissioni provinciali dovesse incontrare ostacoli lungo il cammino, interverrà una commissione centrale insediata a Roma.

I NUOVI CRITERI PER LA DEFINIZIONE DEGLI ESTIMI CATASTALI

Il nuovo calcolo dei valori catastali sarà articolato in tre classi di immobili: abitazioni, attività produttive e immobili ad uso sociale. La novità più rilevante consiste nel fatto che il calcolo sarà effettuato sulla base dei metri quadrati e non più sui vani. Altre variabili che potranno intervenire nella definizione del valore dell'immobile saranno: l'anno di costruzione, la presenza di scale, il piano, l'esposizione e la zona in cui l'immobile si trova.

L'obiettivo perseguito dalla riforma sarà quello di adeguare i vecchi valori patrimoniali e catastali agli attuali valori di mercato e sanare la sperequazione, prodotta dall'attuale metodo di calcolo degli estimi, tra chi paga troppo e chi troppo poco.

TASSE: COSA CAMBIA PER I PROPRIETARI

Tenuto conto delle buone intenzioni di partenza, tra le quali quella non secondaria di "stanare" le costruzioni fantasma, il nuovo calcolo produrrà inevitabilmente una rivalutazione degli immobili calcolata tra il 30 e il 180 per cento con conseguente incremento della base imponibile per la tassazione immobiliare, dall'Imu, all'Irpef fino alla Tasi.

Tradotto in cifre, i proprietari potrebbero trovarsi, tra 5 anni, a dover sopportare aumenti della tassazione fino a 260 euro l'anno, per non parlare degli effetti indiretti che l'aumento della rendita avrà sul calcolo dell'Isee che per molti proprietari rappresenta una possibilità di accesso a diversi servizi (all'asilo nido alle mense scolastiche), oltre che per il pagamento delle rette universitarie.

Contro questo rischio si sono immediatamente sollevate voci di protesta unanimi, da Assoedilizia alle principali associazioni dei consumatori, Federconsumatori e Adusbef che, nonostante la legge delega parli espressamente di "invarianza del gettito", sollecitano una contestuale riduzione delle aliquote Tasi e Imu. Cinque anni sono lunghi e le buone intenzioni sarà facile perderle per strada.