Dunquel’IVA che è stata fatto pagare con la Tassa per i rifiuti solidi urbani non andava versata. Questo in sintesi ciò che ha sancito la Corte di Cassazione lo scorso 15 marzo. Come per tutte le sentenze dei Tribunali Italiani per casi del genere, il problema adesso è l’impatto che questa sentenza avrà, perché essa potrà essere richiamata da altri cittadini che hanno pagato l’IVA. Vediamo cosa è successo e cosa potrebbe avvenire per quello che rischia di essere un altro grosso guaio combinato dai nostri legislatori.

Confermata l’illegittimità dell’IVA sulla TIA

La vicenda è datata 2009, perché il 22 settembre di quell’anno, un contribuente veneto presentò ricorso al Giudice di Pace di Venezia proprio sul pagamento dell’IVA inserita nella Tassa di Igiene Ambientale. Il Giudice di Pace accettò le ragioni del ricorrente e condannò l’azienda V.E.R.I.T.A.S Spa, che si occupava dello smaltimento per conto del comune, a risarcire l’IVA pagata ingiustamente dal cittadino. L’azienda presentò appello al Tribunale di Venezia e successivamente alla Suprema Corte di Cassazione. Proprio quest’ultima, lo scorso 15 marzo, depositando la decisione in Cancelleria, ha messo la parola fine alla vicenda, confermando la prima sentenza del Giudice di Pace.

La pronuncia, in definitiva, ha sancito che per la Tassa di Smaltimento Rifiuti, qualsiasi sia la sigla che la contraddistingue, l’IVA non è dovuta. La motivazione principale è che essadeve colpire le qualità contributive nate quando si acquista e si vende un bene o anche un servizio. La Tassa sui rifiuti, come impropriamente viene definita, non è una tassa vera e propria, bensì un tributo e come tale, il suo pagamento rappresenta il corrispettivo all’utilizzo di un servizio che non da vita ad aumenti di valore del servizio o a proprietà contributive intese come tali.

Cosa ci si deve aspettare

L’IVA è dovuta quando tra chi cede un bene o eroga un servizio e chi lo riceve, si instaura un contratto per cui vi è la certezza che il bene o servizio sia reso direttamente al beneficiario che ne deve pagare il corrispettivo controvalore. La natura generalista di queste tasse, cioè il fatto che un cittadino deve pagare una somma non collegata strettamente e inequivocabilmente alla quantità di rifiuti che produce, la rende esterna al campo di applicazione dell’IVA.

La vicenda è riferita espressamente alla TIA, che come dicevamo è l’acronimo di Tassa di Igiene Ambientale, ma si allarga a tutte le forme di tasse per i rifiuti. I vari Tribunali che hanno avuto un ruolo in questa storia, hanno confermato come questa altro non sia che una variante della TARSU, che è la tassa sui rifiuti solidi urbani. La condanna alla ditta Veneta consente a tutti coloro che hanno pagato l’IVA per le vecchie rate versate per i rifiuti, possono ricorrere per vedersi risarcire il surplus pagato. Se pensiamo che la tariffa per lo smaltimento rifiuti è nata con il decreto 22 del 5 febbraio 1997, immaginiamo che molti siano i casi simili che potrebbero dare via a ricorsi, class-action e rimborsi esosi. Le società di tutela dei contribuenti saranno già sul piede di guerra per far diventare di dominio pubblico quest’altra particolare vicenda.