Come dice un antico proverbio “Tre sono i potenti: il papa, il re e chi non ha niente!”. Sembra strano ma spesso chi è indebitato nei confronti del Fisco non ha nulla da temere poiché ci sono casi particolari in cui il creditore nulla può fare per soddisfare il proprio credito. Di seguito esaminiamo tutte le ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate deve arrendersi e rinunciare al proprio credito. Chi vive con un tenore di vita basso e non ha beni di proprietà certamente ha poco da temere nei confronti del Fisco. Infatti determinati beni non possono essere pignorati proprio in quanto costituenti quel minimo vitale di cui nessun soggetto può essere privato, nemmeno se il creditore è lo Stato.
Parliamo di quel minimo di mezzi economici che servono ad ogni soggetto per avere un'esistenza dignitosa sua e della propria famiglia. Equitalia (da luglio sarà incorporata nell’Agenzia delle Entrate) non potrà aggredire tali beni.
La "prima casa" e i beni impignorabili
La prima casa del debitore non può essere oggetto di pignoramento da parte dello Stato (può esserlo invece se il creditore è un soggetto privato, ad esempio una Banca). E’ indispensabile però che si tratti dell’unico immobile di proprietà del debitore, che il debitore vi abbia la residenza e che sia un immobile ad uso abitativo. Anche determinato beni presenti nell’immobile di residenza non possono essere oggetto di pignoramento mobiliare, in particolare: letto, il tavolo da pranzo con le sedie, armadio e guardaroba, il frigorifero, la stufa ed i fornelli di cucina, lavatrice, posate e utensili di casa unitamente ad un mobile che serva a custodirli.
Insomma si tratta di quei beni di cui il debitore non può far e meno per vivere con la sua famiglia, a meno che non abbiano un valore diverso per particolare rilevanza artistica. Anche l’autovettura, se utilizzata per lo svolgimento dell’attività professionale, non può essere oggetto di fermo amministrativo. Se la casa è inserita in un fondo patrimoniale non è pignorabile se il fondo è stato costituito da più di 5 anni; oppure se il debito sia derivato dall’esercizio di un’ attività commerciale necessaria al sostentamento della famiglia (ad esempio un’azienda costituente l’unica fonte di reddito della famiglia).
Lo stipendio, indennità connesse al rapporto di lavoro, polizze vita
Lo stesso dicasi per l’ultimo stipendio versato sul conto alla data del pignoramento (presso la banca) che resterà nella disponibilità del debitore per intero. Tale novità è stata introdotta dal DL 69/2003 (articolo 52, comma 1, lettera f). Inoltre vi sono delle soglie di impignorabilità (in caso di pignoramento presso terzi, ovvero presso il datore) dello stipendio in relazione all’importo: 1/10 fino a 2.500 euro; 1/7 per somme comprese tra 2.500 e 5mila euro; 1/5 se si superano i 5mila euro che è il limite massimo pignorabile.
Le polizze vita non sono mai pignorabili.
Il conto corrente e la pensione
Sono pignorabili le somme una volta confluite sul conto bancario anche se derivanti dall’accredito della pensione o dello stipendio. In particolare, una volta accreditate sul conto, la pensione e lo stipendio sono pignorabili, salvo i seguenti limiti:
- l’accredito della pensione non può essere pignorato fino ad euro 672,00 euro;
- l’accredito dello stipendio non può essere pignorato fino a 1.344,00 euro (il triplo dell’assegno sociale).
I depositi sul conto corrente cointestato sono pignorabili nella misura del 50%, si presume infatti che i cointestatari siano titolari ciascuno della metà delle somme depositate. La pensione è pignorabile nella misura di 1/5 della differenza tra l’importo mensile netto ed il “minimo vitale”.
Attualmente il limite di impignorabilità è di euro 672,76 euro: le somme percepite mensilmente a titolo di pensione, se eccedenti tale minimo, possono essere pignorate nella misura di un quinto. Anche la pensione di invalidità può essere oggetto di pignoramento entro i medesimi limiti.