Recenti interventi normativi sulle intimazioni di pagamento, cioè le cartelle esattoriali, hanno modificato molto questa materia, soprattutto nelle metodologie di invio e consegna ai contribuenti. Al classico invio tramite Poste Italiane, con la raccomandata A/R, si è affiancato quello tramite PEC, la Posta Elettronica Certificata. A dire il vero, se per il comune contribuente la ricezione delle cartelle tramite PEC è opzionale, per alcune categorie la Legge la impone. Il sistema, però, evidentemente ha qualche problema, perché pare che l’invio delle cartelle con la nuova tecnologia pregiudichi la validità di questi atti.
Come funziona l’invio
Il cittadino che ha disponibile un proprio indirizzo di Posta Elettronica Certificato, può fare richiesta comunicandolo all’Agente di Riscossione con cui ha delle pendenze, di ricevere le cartelle tramite PEC. Ripetiamo, per i contribuenti normali, cioè persone fisiche, questa diventa un’opzione, non un obbligo. Dal 1° giugno 2016, invece, per le imprese individuali o in forma di società, per i professionisti e gli autonomi, l’unico modo per ricevere queste cartelle è la PEC. L’indirizzo per essere riconosciuto come utile all’invio deve risultare negli elenchi dell’indice nazionale degli indirizzi di Posta Certificata. Nel caso in cui la casella di posta risultasse non funzionante, piena o non utilizzabile per qualsiasi motivo, le norme prevedono che la cartella venga recapitata tramite deposito presso la Camera di Commercio con concomitante invio di una raccomandata al domicilio del contribuente.
Atti nulli?
La novità della settimana invece è una recente pronuncia di una Commissione Tributaria Provinciale, quella di Savona che ha sancito come il file allegato alla notifica, quindi la cartella, non può essere considerato come un valido atto. La sentenza a cui facciamo riferimento è la n° 100 del 2017, depositata il 10 febbraio.
In generale, la cartella viene allegata alla notifica, cioè alla mail, con un file PDF. Il caso oggetto della pronuncia si riferisce ad una impresa che ha ricevuto nove cartelle di pagamento e due intimazioni di pagamento tramite PEC. Le cartelle erano di varia natura, riguardanti IVA, IRES, IRPEF e cos’ via. Il ricorso presentato dal contribuente, cercava l’annullamento di tutte le cartelle e degli avvisi.
Per le cartelle, la CTP ha respinto il ricorso, perché, secondo i Giudici, l’invio è stato regolare, soprattutto perché, dalla cronistoria degli atti, risultavano precedenti invii tramite Poste Italiane con raccomandata. Diverso il caso delle intimazioni di pagamento che sono state inviate tramite PDF che risulta essere una copia di un valido documento informatico, ma non un vero e proprio documento originale.