Il Consiglio di Stato nella sentenza n° 4223 del 6 settembre 2017 pronunciandosi sull'annosa questione della vecchia Tia comunale enuncia un principio valido ed estensibile anche alla attuale tassa sui rifiuti , la famigerata Tari. In sintesi, il Consiglio di Stato ha stabilito che è illegittimo il regolamento comunale che fissa tariffe differenti e, generalmente, più alte per le utenze domestiche di soggetti non residenti. In effetti, l'estensibilità alla Tari deriva dal fatto che la stessa è considerata la logica erede della precedente tariffa.

Il caso alla base della decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato si è trovato di fronte il caso di un Comune che intendeva ripartire il costo del servizio di ritiro dei rifiuti tra residenti e non residenti, facendo ricadere su questi ultimi la maggior parte del costo totale. Il CdS ha esaminato approfonditamente la normativa attuale in tema di prelievo sui rifiuti, dal Testo unico sulla finanza locale del 1931 fino al Dlgs 152 del 2006, ed è giunto alla conclusione che la vecchia Tia1 non è solo una tassa finalizzata alla copertura del servizio di raccolta, ma, in effetti, si configura anche come una forma atipica di prelievo sul patrimonio e sul reddito.

Le motivazioni della sentenza

Da ciò discende che, secondo il CdS, il Comune non dispone della facoltà di determinare liberamente la tariffa. In questo modo, infatti, si creerebbero delle disparità immotivate tra categorie di superfici che, di fatto, sono potenzialmente omogenee. Inoltre, le giustificazioni addotte dal Comune utilizzano argomentazioni fuori contesto e, di conseguenza, non sono accoglibili.

Per di più, continua il Consiglio, la discrezionalità in capo al Comune è di natura tecnica e non politica, perciò la sua decisione deve essere basata su una stima realistica della produzione di rifiuti per la superficie interessata, tenendo conto delle caratteristiche del territorio e della sua, eventuale, vocazione turistica.

Inoltre, il Comune nell'esercizio di tale discrezionalità tecnica deve, comunque, rispettare il principio di proporzionalità coordinandolo con il principio comunitario del chi inquina paga affermato in tema di Tarsu dalla Corte Ue sia nel 2009 che nel 2014.

La differenziazione tariffaria tra residenti e non residenti non è rispettosa dei principi sopra esposti, sopratutto dal momento che i residenti stagionali vengono sottoposti ad un maggiore carico contributivo che non è proporzionato alla produzione di rifiuti rispetto al servizio ricevuto. Inoltre, va tenuto in debito conto che, specialmente in una località a forte vocazione turistica i non residenti, sicuramente, sono assenti per la gran parte dell'anno.

È quindi ingiusto che proprio questi siano chiamati a corrispondere un importo maggiore rispetto ai residenti che producono più rifiuti. Per tali motivi, conclude il CdS, la decisione dell'ente comunale è totalmente illegittima.