I prodotti italiani sono molto apprezzati all'estero. Tanto è vero che il made in Italy ha avuto anche diverse tutele legislative. D'altra parte, questo implica che le nostre aziende stabiliscano rapporti commerciali con aziende di altri paesi. dell'Unione Europea e non che, in quanto tali non sono soggetti al versamento e al pagamento dell'Iva. Per tale motivo, se dovesse capitare che il venditore italiano carichi erroneamente in fattura l'Iva dovrò poi stornarla e chiedere il rimborso all'amministrazione finanziaria. Ora con la Risposta n° 498 ad una istanza di interpello l'Agenzia delle Entrate ha chiarito la procedura, ma soprattutto le tempistiche, che è inevitabile attendere per poter vedersi rimborsata l'Iva indebitamente versata.

Il quesito posto all'Agenzia delle Entrate

Nello specifico, l'Agenzia delle Entrate si è trovata di fronte al quesito posto da una ditta edile che aveva ricevuto un mandato per costruire un padiglione della famosa Esposizione Universale di Milano del 2015 da una società estera. Erroneamente la società istante aveva, almeno inizialmente, ritenuto che la propria committente non potesse beneficiare del regime di non imponibilità Iva sugli acquisti, la società interpellante aveva provveduto ad addebitare la relativa imposta sul valore aggiunto in fattura.

Successivamente dato che la società istante è venuta a conoscenza che la propria committente era accreditata come "Partecipante Ufficiale" a Expo Milano 2015, ha immediatamente provveduto a domandare in rivalsa la restituzione dell'Iva indebitamente versata.

A sostegno di tale richiesta la società interpellante ha presentato la traduzione giurata, depositata presso il Tribunale competente, dal quale risulta che la società istante era dirigente ed esecutore del progetto per la realizzazione del padiglione. Di conseguenza, la società istante chiede se può ritenersi che abbia diritto al rimborso dell'Iva in base al disposto dell'articolo 30-ter del DPR 633/1972.

Il parere dell'amministrazione finanziaria

Per rispondere al quesito, l'Agenzia delle Entrate richiama dei precedenti documenti di prassi. In primo luogo, chiarisce l'amministrazione finanziaria. è già stato specificato rispondendo ad una precedente istanza di interpello, precisamente la Risposta n° 115 del 18 dicembre 2018 che il soggetto che abbia erroneamente addebitato l'Iva ad un suo cliente può emettere una nota di credito a favore dell'acquirente, entro un anno dall'effettuazione dell'operazione, provvedendo alla relativa variazione in diminuzione.

In pratica, il fornitore recupererà l'Iva stornata attraverso il meccanismo della detrazione.

In alternativa, come prevede il citato articolo 30-ter del DPR 633/1972, il fornitore può presentare domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di versamento della medesima imposta oppure dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Di conseguenza, fuori da queste tempistiche, non è possibile ottenere il rimborso. Inoltre, precisa l'AdE, nel caso specifico cosa è importante non è tanto la traduzione giurata dell'incarico affidato alla società interpellante, quanto il provvedimento governativo che riconosce tale ruolo dell'impresa.