Il 24 novembre Sony aveva smentito ufficialmente, attraverso una dichiarazione a The Guardian, l'allarme di un'intrusione hacker rivendicato dal gruppo DerpTrolling nel suo PlayStation Network. In tandem con Microsoft, Sony aveva voluto rassicurare sul fatto che il presunto attacco a PSN era stato identificato dagli esperti della sicurezza come una potenziale beffa. I fatti, lo saprete già, oggi hanno dimostrato il contrario. L'attacco cyber c'è stato ed è collegato alla prossima uscita - tra meno di un mese - del film "The Interview", incentrato sul tentativo da parte della CIA di uccidere Kim Jong-un, leader nord-coreano.
Quello che l'FBI, in tandem con Department of Homeland Security, sta tentando di fare è seguire la pista di Pyongyang, probabile responsabile dell'attacco cyber ai danni di Sony. L'FBI ha avvertito che i software malware usati per attaccare Sony possono essere distruttivi e prendere di mira altre società.
La pista seguita non è stata pensata a caso: dopo la diffusione del trailer, la pellicola "The Interview" era stata definita dal ministero degli Esteri nord-coreano come un "atto di guerra". Dopo l'attacco, gli hacker hanno lasciato il loro segno: uno scheletro rosso con tanto di firma, GOP. Secondo quanto riferisce il New York Times, questi cosiddetti "guardiani della pace" sono passati anche alle minacce, avvisando la Sony di avere intenzione di distribuire dati sensibili della società.
Nel frattempo, sono comparse in rete copie pirata di "Fury" ed altri titoli Sony d'imminente uscita e sono in molti a collegare l'attacco a questa mossa; pare che i film diffusi in rete dai pirati informatici facciano parte degli 11 TB sottratti al colosso nipponico. TorrentFreak ha riferito che in rete sono state diffuse copie di "Still Alice", "Mr.
Turner", "Annie" ed altri.
Secondo il sito Recode, Sony sta investigando sulla possibilità che gli hacker lavorino dalla Cina in favore della Corea del Nord. Intanto, si è affidata a FireEye, la società di sicurezza di Silicon Valley, per indagare e riparare il network. In fase di attacco oltre a lasciare il segno dello scheletro rosso, numerosi account Twitter della società hanno riportato messaggi malevoli scritti in inglese scorretto e diretti al dirigente dell'azienda Michael Lynton.
Lo staff di Sony è stato ridotto a usare penne, fogli e fax, non potendo utilizzare i loro computer. Pare che il 70% di file, documenti ed alcuni soggetti di film siano stati cancellati. Sony, dopo aver invano rassicurato il 24 novembre sul fatto che l'attacco cyber fosse un falso allarme, ora dichiara semplicemente che "il furto delle pellicole è un crimine" e che agirà di conseguenza attraverso le forze dell'ordine.