Whatsapp, l'applicazione di messaggistica istantanea, è ormai installata in quasi tutti gli Smartphone, al punto da diventare sinonimo di "messaggi". Nata nel 2009, dal 2014 fa parte del gruppo di Facebook e ha oltre 200 milioni di utenti attivi nel mondo. Da tempo viene utilizzata anche come canale di comunicazione diretta tra i consumatori e le aziende, e ciò spesso avviene tramite le homepage delle ditte, sostituendo di fatto le chat.

Tuttavia, molte società vi fanno ricorso anche per inondare gli utenti di spam e catene di messaggi. Già da qualche tempo, il colosso informatico sta cercando di porre un freno al dilagare di questo fastidioso fenomeno: ad esempio ha adottato algoritmi d'intelligenza artificiale in grado di identificare i messaggi spam e di segnalarli ai clienti, ma non sempre questi si dimostrano efficaci, basti pensare al virus che era veicolato dall'applicazione di messaggistica tramite una semplice chiamata dalla piattaforma.

Nei primi mesi di quest'anno, i gestori hanno deciso di ridurre l'invio di messaggi broadcast proprio per limitare la diffusione delle fake news, mentre proprio in questi ultimi giorni la piattaforma si è detta pronta a contrastare chi "spamma" violando i termini di servizio con ban e vere e proprie azioni legali. La società del gruppo Facebook, infatti, passerà alle maniere forti a partire dal 7 dicembre prossimo con vere e proprie cause giudiziarie nei confronti di chi non rispetta le regole.

Virus, fake news e spam: le crociate di WhatsApp

Dopo il problema dei virus veicolati tramite le chiamate in app, lo scorso anno la compagnia si era focalizzata sulle fake news. Carl Woog, responsabile della comunicazione, aveva affermato che il 9% delle chat avveniva tra due persone e che i gruppi erano formati in media da 6 utenti.

Nel computo totale, si trattava di circa 1,5 miliardi di clienti mondiali che inviavano 65 miliardi di messaggi al giorno.

Alle parole di Woog sono seguiti i fatti: chi si aspettava che la piattaforma contrassegnasse i link di fake news è rimasto deluso, e nel frattempo tra bufale e spam la situazione si è fatta sempre più critica.

Per questo motivo il gruppo ha deciso di adottare una nuova strategia, rivolgendosi direttamente alle autorità giudiziarie per punire le aziende che ricorrono all'applicazione per spammare gli utenti. E così dal mese di dicembre si passerà alle azioni legali: stando a quanto scrive TechCrunch, le prime diffide sarebbero già partite e riguarderebbero i casi di spam segnalati e quelle società che vendono tool per aggirare i limiti imposti dalla piattaforma, come si era verificato per le elezioni in India.

I tool indiani per aggirare il blocco dello spam

Come riportato da Reuters e BBC, in occasione delle elezioni indiane dell'aprile scorso si era diffuso un vero e proprio mercato nero di software e cloni di WhatsApp che permettevano di aggirare le misure anti-spam: proposti al costo irrisorio di 15 dollari, erano in grado di superare qualsiasi tipo di blocco.

In attesa che WhatsApp cambi la sua posizione sulla crittografia e sulla privacy con l'introduzione di funzionalità simili a quelle esistenti su Facebook - per esempio la segnalazione di contenuti sicuri agli utenti - è impossibile allo stato attuale garantire la sicurezza della piattaforma.

L'intelligenza artificiale controllerà i contenuti, poi partiranno le azioni legali

Già nel caso indiano, WhatsApp utilizzava strumenti basati sull'intelligenza artificiale in grado di analizzare i messaggi e sospendere gli account che li generavano. In questo modo la compagnia era riuscita a individuare e bannare oltre 2 milioni di utenti al mese. Prossimamente a questi strumenti si affiancheranno le azioni legali, alcune delle quali partiranno ben prima del 7 dicembre, anche in seguito a quanto accaduto in India, dove i clienti utilizzavano versioni clonate dell'app per aggirare ogni blocco.

Il ricorso alla legge diventa così l'ultima freccia all'arco della compagnia del gruppo Facebook per rendere sicura la propria piattaforma, ma la strada è ancora lunga e passa prima di ogni altra cosa per il potenziamento della crittografia, la stessa soluzione che Facebook sta attuando per rendere più sicuro il suo social network dopo il recente scandalo delle password degli utenti salvate in chiaro nei server e visibili ai dipendenti del "gigante blu".