Anche se il momento storico in cui viviamo non è dei migliori e rende quotidianamente quasi ingestibile la vita di tutti noi, i nostri imprenditori, che a fatica mantengono una posizione di tutto rispetto all’interno del panorama economico italiano, credono ancora nel Made in Italy.
Il settore della moda italiana, nato circa sessant’anni fà, riesce ancora a primeggiare all’interno del Jet-Set internazionale. Ne è un esempio visibile, con uno stile inimitabile tutto italiano, la Maison Gattinoni, storica azienda, ancora oggi tutta italiana, punta di diamante di un ventaglio di 60mila piccole, medie e grandi imprese che crescono e realizzano la maggior parte del fatturato all’estero.
Poche parole dunque per definire l’eccellenza, la capacità delle aziende Made in Italy.
Una Pmi capace, sia dal punto di vista gestionale che creativo e di design, senza contare quella grandiosa maestria artigianale, innata, tutta italiana, inimitabile. Prestigiose griffe come Zegna, D&G, Armani, Ferragamo, Diesel, MaxMara, Prada, Tod’s, oramai colossi italiani che nel 2012 hanno registrato bel 9,8 miliardi di ricavi (+13,3%), 814 milioni di profitti (+69,7%). Una redditività stratosferica, da capogiro, tipica di questo settore della moda italiana, costola dell’industria manifatturiera. Un passo ancora indietro ci porta a scoprire altri record. Nel periodo 2006-2010 queste 8 aziende hanno ricavato ben 3,3 miliardi di utile, destinandone ben 2,6 al rafforzamento del loro patrimonio.
Nel quinquennio 2006-2010 sono tutte riuscite ad investire nel core-business, con ben 1,7 miliardi di investimenti che hanno finanziato piccole acquisizioni e aperture di nuovi negozi. E’ forse questo il modo giusto di fare impresa?
E’ molto importante sottolineare che soprattutto nell’ambito della moda, del turismo, del settore agro-alimentare, i settori di punta del “Made in Italy” nel mondo, tutto gira intorno al valore evocativo del prodotto italiano.
Il prodotto “fatto in Italia”, in questi settori, è un efficace biglietto da visita per i compratori, soprattutto stranieri, sicuri di fare acquisti nella più totale garanzia di qualità, tradizione, stile, in poche parole perfezione oltre che classe. La moda italiana, così come il turismo, l’agricoltura, dunque, rappresentano la nostra ricchezza e se una rinascita ci deve essere, questa dovrebbe ripartire proprio dai settori che meglio ci rappresentano storicamente e che meglio offrono un modello di crescita e sviluppo sicuramente valido, un modello da prendere come esempio anche per altri settori della nostra economia.
Il settore agroalimentare, in particolare, uno dei settori nei quali, con adeguate politiche europee e comunitarie, si sarebbe potuta rafforzare la leadership italiana, aveva ben recepito, in passato, le potenzialità del “modello tutto italiano” e con Coldiretti, con l’obiettivo di consolidare redditi adeguati per tutte le imprese agricole, aveva trovato la giusta via, proponendo l’indicazione obbligatoria dell’origine sui prodotti agricoli e agroalimentari a livello nazionale (DOC), aggiungendo anche l’indicazione dell’accorciamento della filiera, onde poter avere una “filiera tutta agricola e tutta italiana”. L’obiettivo? Realizzare un grande sistema agroalimentare che premiava i produttori e i consumatori, offrendo a questi ultimi prodotti sicuri, di origine e qualità certa, ad un giusto prezzo.
Cosa è successo nel corso degli anni? Perché non rafforzare questa politica nel settore in questione?
In sostanza per resistere all’urto della crisi, soprattutto per tutte quelle aziende di piccole dimensioni e, in particolare, quelle che hanno maggiori difficoltà di accesso ai mercati internazionali bisognerà sviluppare quel particolare modello del “fare rete”: in questo modo si potranno superare i limiti dimensionali facendo anche massa critica, quella in grado di competere all’estero. L’export, italiano, sarà la chiave di volta per restare competitivi.
L’Italia dispone di straordinarie energie alle quali attingere per cambiare strada e tornare a crescere, perché nonostante tutto, possediamo abbastanza elementi, punti di forza, da capitalizzare per uscire dal buio economico.
Perché non iniziare ad utilizzarli? Se parte del “Made in Italy” continua ad avere successo in tutto il mondo, perché non coinvolgere tutto ciò che è “tipico”, della nostra penisola, il resto, e farlo conoscere?