Nella giornata di ieri, sabato 6 giugno, diverse centinaia di persone si sono radunate al grido di Black Lives Matter in Piazza Castello a Torino per manifestare a seguito della morte dell'afroamericano George Floyd, avvenuta negli Stati Uniti lo scorso 25 maggio per mano di un agente della polizia.
La morte di George ha scatenato la rabbia della comunità afroamericana statunitense, che si è riversata in strada in diverse città per rivendicare giustizia e per denunciare le discriminazioni razziali.
In Europa e in Italia le prime proteste al grido di Black Lives Matter
Le numerose proteste a seguito della vicenda non si sono fermate e hanno travalicato i confini degli USA: dopo le prime manifestazioni avvenute a Parigi, Londra, Berlino e altre città europee, il movimento è arrivato anche in Italia.
A Torino, Rete 21 marzo e No Justice No Peace-Torino hanno organizzato il sit in in piazza Castello per ieri, sabato 6 giugno.
Diverse le associazioni locali che hanno aderito, fra le quali la comunità senegalese, e numerosa la partecipazione anche da parte di cittadini italiani. La piazza si è andata riempiendo attorno alle ore 15, cercando di mantenere il quanto più possibile le distanze di sicurezza.
Come prima cosa, all'inizio della manifestazione, si sono rispettati otto minuti di silenzio in memoria di George.
La manifestazione a Torino
Durante il sit in, molti sono intervenuti cercando di evidenziare la discriminazione e il razzismo che vessano anche gli stranieri in Italia. "Siamo in un paese che deve fare i conti con la sua storia" e "Oggi non è un giorno più importante di altri per parlare di razzismo, è solo un giorno in cui finalmente abbiamo l'attenzione di tutti", sono solo alcune delle frasi che si sono susseguite al microfono.
Una giovane italiana di origini marocchine è intervenuta dicendo: "Non sono considerata abbastanza italiana in Italia e sono considerata troppo poco marocchina in Marocco. La mia è la realtà di una ragazza che non ha un'identità. Mi è stato sbattuto in faccia che sono più straniera a me stessa di quanto non lo sia a chiunque altro.
A quel punto ho cominciato a lottare, cercando di capire quello che sono, cercando di capire la mia appartenenza fra un paese, l'Italia, che burocraticamente me lo nega, e uno, il Marocco, che socialmente non me la riconosce".
Un appello rivolto alle istituzioni e alla Politica a cui poi si è aggiunta Asuad, una donna africana: "Di questo bisogna parlare, di razzismo istituzionale, mass media. Perché non veniamo chiamati per nome, invece di dire: un nero, un giallo, un bianco? Per un nero vivere in un paese a maggioranza bianca, specialmente se razzista, equivale a essere invisibile".
Ha proseguito poi la figlia di Asuad: "Noi non cambieremo, anzi, le cose cambieranno! Sono nata a Torino e per la prima volta sento che questa è la mia città, oggi. Grazie a tutti per essere venuti qui a manifestare e a esprimere solidarietà, perché siamo stanchi che nel 2020 si debba ancora parlare di Black lives matter".