Quando, il 23 agosto del 1973, ad Atene, Oriana Fallaci incontrò per la prima volta, all'indomani della sua scarcerazione, Alexandros 'Alekos' Panagulis, quello che per tre anni sarebbe stato il suo 'Alessandro', non fu un 'conoscersi', ma un 'riconoscersi', come lei stessa amava ricordare. Oriana si era recata per intervistarlo nella casa d'infanzia di lui, dove da tempo viveva sola la vecchia madre, una donnina minuta vestita di nero per la vedovanza, e quel giorno in cui l'estate greca scoppiava arrogante, Panagulis aveva il "volto di un Gesù crocifisso dieci volte", sciupato dalla geografia di rughe e cicatrici che gli deturpavano il corpo, memorie incise nella pelle degli anni di reclusione, sevizie e torture che dovette subire dopo l'attentato fallito al dittatore Papadopulos.
La giornalista toscana, allora all'apice della gloria professionale per i reportages sulla guerra del Vietnam, aveva già sentito parlare di quel trentaquattrenne greco che nel 1968 aveva tentato di ribaltare la dittatura militare che stava opprimendo la Grecia e che nel suo paese era trattato alla stregua di un eroe dell'epica. "Io non volevo uccidere un uomo, io non sono capace di uccidere un uomo", le confessò in occasione di quell'intervista, "io volevo uccidere un tiranno". Scoperto e arrestato, Panagulis visse per cinque anni in una "tomba di cemento" e fu proprio in quel periodo, molto prima di incontrarla veramente, che lui conobbe Oriana attraverso i suoi scritti: articoli di giornale, libri.
Su alcune pagine di questi, Panagulis, mentre li leggeva durante la segregazione, lasciò degli appunti, la coniugazione del verbo 'amare' nei vari tempi e modi dell'italiano, una premonizione dell'amore che, ancora non lo sapeva, sarebbe scoppiato davvero di lì a qualche anno.
Un uomo che era "un pozzo di contraddizioni", come Oriana capì fin da subito, Alekos Panagulis, che sapeva essere duro e impenetrabile, impugnato da una specie di pudore che non lo avrebbe mai abbandonato, ma altresì premuroso, dolce, generoso, capace di slanci repentini e impeti imprevisti d'affetto e attenzioni.
Un uomo animato da un'intensa passione civile, quella dedizione totalizzante ai valori in cui credeva e che vedeva rappresentati nell'Acropoli, simbolo di ogni umana libertà e della superiorità morale della democrazia, che suscitava in lui il pianto ogni volta che vi andava. E tanto anarchica era la sua mente, quanto la sua costanza in fatto d'amore: fu in seguito a un'infedeltà del compagno che la giornalista, furiosa, perse il bambino che aspettava.
Ma, nonostante i dolori e le complicanze affettive, Oriana rimase al fianco di Alekos fino al momento della sua tragica morte, avvenuta il primo maggio del 1976 in un incidente stradale alla cui casualità la giornalista non credette mai. Alla parabola umana di Panagulis, alla sua lotta politica e alla loro relazione, la Fallaci ha dedicato uno dei suoi libri più belli, dal titolo 'Un uomo': martedì 17 febbraio, durante il secondo capitolo della mini-serie di Rai Uno 'L'Oriana', Vittoria Puccini, nella parte della Fallaci, e Vinicio Marchioni, nella parte di Panagulis (a cui vagamente somiglia), rievocheranno sul piccolo schermo la storia di quell'unione viscerale e sfortunata, un'unione che la giornalista toscana era solita chiamare semplicemente "un grande amore".