Il palinsesto di Top Crime continua a tingersi dei colori del #giallo svedese. Dopo la fiction dedicata a Kurt Wallander, il poliziotto nato dalla penna dello scrittore Henning Mankell e impersonato sul piccolo schermo dall’attore Krister Henriksson, ecco #100Code (o The Hundred Code). Le prime due puntate, ambientate a Stoccolma, sono state mandate in onda martedì 13 settembre sul canale Mediaset dedicato al genere poliziesco e noir. A queste seguiranno altre 10, ma è già in cantiere una seconda stagione, vista la buona accoglienza riscossa tra il pubblico svedese e tedesco.
I protagonisti e il soggetto di 100 Code
100 Code è la trasposizione televisiva del romanzo Merrick di Ken Bruen, autore irlandese dalle cui opere sono stati tratti anche i film London Boulevard con Colin Farrell e Blitz con Jason Statham. Gli episodi iniziali del 13 settembre hanno fatto conoscere al pubblico italiano (almeno a chi non ha già visto la serie su Premium Crime o Infinity Tv) i protagonisti principali e il tipo di indagine che li accomuna: il detective newyorkese Tommy Conley, interpretato da Dominic Monaghan (Il Signore degli anelli, Lost) e il suo collega svedese Mikael Eklund, incarnato da Michael Nyqvist (Uomini che odiano le donne e gli altri due film della trilogia Millennium di Stieg Larsson).
Entrambi, insieme loro malgrado, dovranno seguire le tracce di un serial killer che durante i mesi invernali rapisce, a intervalli regolari, due donne bionde e dagli occhi azzurri. Una delle due viene violentata e uccisa; l’altra, seppellita con un respiratore fino a quando l’assassino non decide di soffocarla inserendo nel tubicino che la tiene in vita degli asfodeli, fiori gialli che in questo caso non hanno nulla di romantico.
La forza e la debolezza di 100 Code
100 Code possiede tutta la forza e la debolezza del genere cui appartiene. Cominciamo dalla debolezza. La coppia poliziotto cattivo-poliziotto buono è ormai un cliché abusato che dà l’impressione del già visto fin dalle prime battute. Così come la “creatività” eccessiva del serial killer che tradisce l’impronta americana dovuta alla produzione HBO Nordic, costola scandinava di HBO, e all’adattamento televisivo dello statunitense Robert Moresco.
Agli Stati Uniti, infatti, si devono i più geniali filoni sugli assassini seriali, insieme al loro naufragio nell’inverosimiglianza e nel ridicolo. Classici esempi sono The Following e, ancor di più, Dexter, la fiction che ha sdoganato la figura del cattivo odiato dai telespettatori avvitatasi poi in un girone sempre più assurdo di trovate illogiche.
La forza di 100 Code, invece, sta sicuramente nell’ambientazione, una Stoccolma e il suo hinterland lividi e tetri quasi come la Londra ottocentesca di Jack lo Squartatore. A riprova del fatto che se il giallo made in Svezia sta riscuotendo negli ultimi anni un enorme successo, un motivo ci sarà.