Facendo una riflessione a tutto campo sul dibattito scaturito dopo la pubblicazione, su un quotidiano nazionale, di un articolo che nel titolo poneva come imminente la possibilità di un'eruzione del Vesuvio, il ricercatore Alessandro Amato, sismologo del Centro Nazionale Terremoti dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, fa un parallelo con lo studio dei terremoti:

"Anche nel nostro campo, quello dei terremoti, esiste una polemica analoga nei confronti delle valutazioni di pericolosità fatte con metodi probabilistici - spiega Amato - , quelle usate in tutto il mondo.

Secondo i fautori del cosiddetto 'neo-determinismo' ci si dovrebbe proteggere dal 'massimo Terremoto credibile', cioè dal più forte che ci si possa aspettare. Al di là del fatto che è molto difficile, forse impossibile, definire questo evento, è chiaro che si tratta di una ipotesi irrealizzabile per i costi e le modalità".

Adeguare gli edifici

"Esistono cataloghi dei terremoti e delle faglie - prosegue il sismologo -. La definizione delle aree a maggiore pericolosità è chiara. Noi conosciamo le faglie, anche se non tutte e non al meglio, le individuiamo, le caratterizziamo, conosciamo i luoghi a maggiore vocazione sismica, ma è chiaro che, allo stato attuale delle conoscenze, nessuno può dire in quanto tempo una di esse si romperà, se tra un minuto, venti o cento anni.

Piuttosto, nel nostro Paese, il problema è costituito dal tessuto edificato, dalla qualità e dalla (scarsa) resistenza degli edifici. Su quello bisogna lavorare, individuando e riducendo la vulnerabilità del costruito".

Il rischio Tsunami

Per Amato la ricerca è fondamentale: "Dal punto di vista della ricerca abbiamo compiuto passi importanti in Italia, ad esempio con il Centro Allerta Tsunami per lo studio e il monitoraggio degli tsunami nel Mediterraneo, nonostante le condizioni non siano delle migliori.

Penso al Giappone, agli Stati Uniti, al Cile o alla Nuova Zelanda, paesi nei quali si sta investendo molto nella sismologia e la ricerca sta dando frutti importanti. In Giappone, ad esempio, dopo il tragico tsunami del 2011 sono state realizzate cose fantastiche sullo studio delle faglie e per i sistemi di allerta rapida (Early Warning), migliorando enormemente il monitoraggio della parte a mare".

Affrontare il rischio

E di fronte al rischio ci sono diversi approcci. "Ci sono i catastrofisti - dice Amato -, per i quali un evento terribile è sempre dietro l’angolo. Certo, un grosso terremoto ci può sempre stare, è la storia che ce lo insegna. È importante non farci trovare impreparati.Purtroppo la società a rischio zero non esiste. Se pure mandassimo via da una zona potenzialmente pericolosa, poniamo per la presenza di un vulcano, un milione di persone, come potremmo garantire a questa popolazione che nelle nuove destinazioni non siano presenti altri tipi di rischi e penso a quello sismico, idrogeologico e così via?".