Che le Poste Italiane non siano proprio impeccabili, è fuori di dubbio. Quanti di noi che aspettavano un pacco dall'estero lo hanno ricevuto dopo svariate settimane? O non si sono mai visti recapitare una lettera o una cartolina? O ancora, hanno spedito qualcosa arrivato con imbarazzante ritardo o mai arrivato? In tanti. Certo, con la privatizzazione di Poste Italiane un graduale miglioramento si è visto, a cui bisogna aggiungere l'affiancamento di tante poste private spuntate come funghi. Ma il sistema è ancora lacunoso, al punto che, come riporta La Stampa, il Giappone ci inserisce in una lista nera con altri paesi, avvertendo chi fa spedizioni, che il pacco spedito potrebbe subire ritardi. Come per dire: se arriva in ritardo non prendetevela con noi ma col paese destinatario.

Paesi a cui siamo paragonati

Nella lista nera nella quale vengono inserite le Poste Italiane ci troviamo Paraguay, Colombia, Georgia, Russia e, addirittura, La Striscia di Gaza e Haiti.

Se i Paesi sudamericani avranno, probabilmente, Poste sgangherate, e quelle georgiane e russe presentano probabilmente sistemi di controllo molto severi per il rischio terrorismo, gli altri due stanno messi male per altri motivi: la Striscia di Gaza per la rinomata e annosa contesa tra Israele e Palestina, mentre Haiti per lo spaventoso terremoto che colpì il Paese nel 2010, di magnitudo 7 che causò ben 222.517 morti, coinvolgendo tre milioni di persone, molte delle quali ferite e che hanno perso casa. Un terremoto dal quale il Paese non si è più ripreso e al quale l'Onu non ha dato le giuste risposte malgrado una presenza fissa sul posto.

Cosa non funziona da noi

Ma cosa ci rende così inefficienti?

Per i giapponesi i motivi vanno ricercati nelle "pratiche doganali più rigide". Più rigide rispetto alle abitudini parecchio lasche del passato, forse, ma anche nel confronto con tutto il resto d'Europa. In Europa siamo gli unici dove lo sdoganamento dei pacchi e delle merci prevede tempi paragonabili a chi si trova in guerra o è vittima di catastrofi naturali. E da italiani, presumiamo, che sia più per la lentezza delle pratiche anziché per la severità degli addetti ai lavori. Ancora una volta "calpesti e derisi" agli occhi dell'estero.