Illegalità, presenza della criminalità organizzata stanno asfissiando l’esangue economia calabrese. Un quadro desolante ben evidenziato dall’Istituto G. Tagliacarne, che ha messo in relazione l’incidenza negativa di una 'ndrangheta ben agguerrita, ramificata su tutto il territorio nazionale, oltre che regionale. Spesso si rimane soli nel denunciare attentati per richiesta di pizzo non pagato, ma c’è chi ha deciso di non arrendersi e continuare la lotta per la legalità per affrancarsi dalla schiavitù mafiosa. Il gruppo cooperativo Goel Bio ha deciso di piantare ventisei alberi di ulivo, tagliati più di una volta, poiché il gruppo produce su terreni confiscati alla mafia.
Attentati che si sono verificati il 26 giugno a Stilo in provincia di Reggio Calabria e tra il 4 e il 5 luglio a Briatico, dove è stata estirpata un’intera produzione di cipolle rosse. Il presidente del consorzio Vincenzo Linarello ha più volte ribadito con forza che non si piegherà alle pressioni della ndrangheta nonostante i numerosi atti intimidatori ed è convinto della necessità di non fermarsi e guardare avanti.
Nella terra di ndrangheta c'è chi alza la testa
La cooperativa nacque nel 2003, per volere di monsignor Giancarlo Bregantini, per contrastare la galoppante disoccupazione della Locride ed avviare un cambiamento che partiva dal lavoro. Senso di rassegnazione e lamentele per il prelato dovevano lasciare il posto ad un nuovo protagonismo che aveva come attori principali i giovani.
Da quella piccola realtà il progetto divenne ambizioso e coinvolse altri soggetti che cominciarono ad agire nel sociale pensando ad un’agricoltura biologica, quindi di qualità, differenziandosi dal seguire i soliti circuiti della grande distribuzione. Qualità e lavoro non sottopagato sono diventati le caratteristiche di questo consorzio che non vuole per nessuna ragione al mondo abbassare la testa.
In una terra dove il caporalato sta diventando preponderante e si sfrutta la manodopera a nero, è chiaro che una simile innovazione genera sospetti e non fa dormire sonni tranquilli ai caporali ed ai cultori dell’illegalità. D’altronde Linarello ha uno slogan: “Dove la ndrangheta abbatte gli alberi Goel li ripianta”. C’è un’etica alla base di questo progetto che si rivolge alle fasce più deboli della società, per il riscatto del territorio ed un nuovo modo di produrre ricchezza.
Non a caso, il gruppo ha creato un marchio di moda, “Cangiari”, che in dialetto calabrese significa per l’appunto cambiare.
Ripiantare gli ulivi distrutti
Cambiare puntando sull’artigianalità, sfruttando la lavorazione dei telai a mano e producendo tessuti non trattati con sostanze tossiche e nocive anche per l’ambiente. Innovazione e tradizione dell’arte bizantina e grecanica nel lavorare le rifiniture a mano che fanno la differenza tra un capo prodotto con le macchine ed uno prodotto artigianalmente. Una sfida, quella attuata da Linarello, in una terra sempre più soggetta al potere feudale di una ndrangheta che può essere combattuta attraverso un nuovo modello di sviluppo eticamente corretto.