Essere processati per aver cercato di fare luce, per aver indagato su un caso di malasanità. E' accaduto a 4 giornalisti del settimanale 'Il Caffè'. I fatti risalgono ad oltre 2 anni fa, quando venne alla ribalta il caso di una signora sottoposta, per errore, a una mastectomia totale nella clinica Sant'Anna di Sorengo, poco distante da Lugano. Nella prestigiosa struttura sanitaria ha partorito, tempo fa, anche Barbara Berlusconi, figlia dell'ex premier Silvio. Subito dopo l'intervento chirurgico, il chirurgo Piercarlo Rey si avvicinò alla paziente, una 67enne, e le disse: 'Abbiamo fatto come con Angelina Jolie'.
Entrata in sala operatoria per l'asportazione di un minuscolo tumore al capezzolo
Il desiderio della paziente 67enne operata alla clinica Sant'Anna non era certamente quello di sottoporsi a un'intervento analogo a quello della Jolie. La sessantenne era entrata in sala operatoria per estirpare un minuto tumore al capezzolo. Quando il dottor Rey le disse che le avevano tolto tutto, scoppiò a piangere: il mondo le crollò addosso. Quei chirurghi avevano evidentemente sbagliato. Per una piccola neoplasia al capezzolo, la paziente si è trovata senza i 2 seni. Lo staff della clinica nel Canton Ticino hanno cercato di far capire alla donna che aveva deciso di sottoporla a una mastectomia totale durante l'intervento, per farla vivere bene.
In realtà in quella struttura sanitaria vennero scambiati i pazienti. I dirigenti della clinica lo sapevano ma, nonostante ciò, Piercarlo Rey continuò ad operare. Il professionista avrebbe effettuato circa 200 interventi prima di essere sospeso da chirurgo, non da medico. La sospensione arrivò dopo la denuncia della donna mutilata per errore.
La denuncia della clinica Sant'Anna per 'campagna denigratoria'
Il settimanale Il Caffè si è interessato del caso ed ha voluto scoprire il motivo di un errore del genere in una clinica così rinomata. Il nosocomio, qualche mese fa, ha deciso di denunciare il rotocalco per la 'campagna denigratoria' nei suoi confronti. La struttura, insomma, non accetta di essere accusata dai giornalisti.
E' stata aperta un'inchiesta sulla vicenda e, paradossalmente, adesso sono stati rinviati a giudizio per diffamazione e concorrenza sleale il direttore, il vice direttore, il capo redattore e un giornalista de Il Caffè. A quanto pare la libertà di stampa non viene garantita sempre ma è suscettibile, anche in Paesi democratici, ad 'oscuramenti'.