Il Qatar ha respinto le 13 richieste avanzate da Egitto, Arabia Saudita, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti per scongiurare una crisi diplomatica che rischia sempre più di sfociare in un conflitto militare. Il piccolo regno qatariota non intende rinunciare alla sua politica estera e ai suoi legami con la Fratellanza Musulmana e, soprattutto, ai rapporti con l'Iran, paese sciita, in aperto contrasto con le potenze sunnite della regione, capeggiate dall'Arabia Saudita.

La monarchia del Qatar condivide con l'Iran lo sfruttamento di uno dei più grandi bacini di gas esistenti al mondo, che si estende per circa 9.700 chilometri quadrati, di cui 6.000 sono sotto la sovranità qatariota, e 3.700 sotto quella iraniana.

La collaborazione tra i due Stati diventa, quindi, indispensabile per trarne un enorme profitto economico, che permetterebbe al piccolo regno di competere con la potenza economica dell'Arabia Saudita, i cui proventi derivano da attività petrolifere: in altre parole, una guerra tra petrolio e gas.

Di sicuro, oltre a considerazioni di carattere economico, ci sono anche aspetti non trascurabili che coinvolgono l'eterna lotta tra sciiti e i sunniti. In questo scenario la posizione del Qatar, paese a maggioranza sunnita, risulta ambigua, tale da rendere sospettosi gli storici alleati sunniti.

Ulteriore punto di frizione è l'appoggio che il piccolo regno dà alla Fratellanza Musulmana, organizzazione dichiarata terroristica in alcuni paesi sunniti tra i quali c'è l'Egitto, dove la Fratellanza ha guidato il paese per circa un anno, creando una sorta di governo fondamentalista prima di essere defenestrata da un colpo di stato soft, seguito da elezioni non del tutto trasparenti.

In questo contesto, va inquadrata anche la richiesta da parte delle potenze del Golfo della chiusura dell'emittente satellitare Al-Jazeera, vero megafono dell'organizzazione terroristica, artefice delle primavere arabe, fallite miseramente nonostante l'appoggio degli Stati Uniti di Barack Obama.

Stati Uniti

La posizione degli Stati Uniti in questo conflitto diplomatico tra paesi teoricamente alleati è abbastanza complicata.

Ricordiamo che nel regno qatariota vi è la più grande base militare delle forze USA in Medio Oriente, che ospita il Centcom (comando centrale per le operazioni in Afghanistan e Iraq). Per questo motivo, il Paese a stelle e strisce cerca di essere prudente, pur essendo più vicino alle posizioni dell'Arabia Saudita.

Tutto ciò è complicato dalla presenza di altri attori regionali, che sono in attesa di sfruttare la situazione per i propri vantaggi: parliamo della Turchia, che ha inviato un contingente militare di 3.000 uomini in difesa del Qatar, e che ha reagito sdegnosamente alla richiesta di abbandonare il Paese avanzata dalle potenze del Golfo.

La strategia dello Stato di Erdogan nel cercare di riproporre il modello neo-ottomano in quella parte del globo, potrebbe nel medio termine creare attriti in tutto il Medio Oriente. Ricordiamo, infatti, che quell'impero, seppur islamico, non fu mai ben accetto dai paesi arabi.

Inoltre c'è la Russia che, dopo la Siria, intende ritornare in Medio Oriente con un ruolo strategico sempre più attivo e in chiave anti-americana, mentre gli iraniani vedono di buon occhio le divisioni presenti nel mondo sunnita, che favoriscono la sua influenza su tre paesi chiave (oltre la Siria), ovvero Iraq, Libano e Yemen, accerchiando in questo modo l'Arabia Saudita.

Discorso a parte riguarda Israele, la cui posizione - seppur paradossale - è più vicina al governo fondamentalista wahabita dell'Arabia Saudita che non a quella del Qatar, questo sempre in ottica anti-Iran, sostenitore di Hamas e Hezbollah, nemici giurati di quello che è considerato lo stato sionista di Israele.

Insomma, ci sono tutti i presupposti per far precipitare la situazione: motivi economici, religiosi, strategie di lungo periodo di leadership e interessi di potenze straniere. Un passo falso di uno degli attori della vicenda, e tutto ciò potrebbe sfociare in un conflitto che appare comunque locale e con scarse possibilità di diventare globale, nonostante la presenza della Russia e degli Stati Uniti.

Probabile che, in realtà, lo scopo ultimo sia quello di aver in Qatar - un paese di appena 2,6 milioni di abitanti - un cambio di regime, magari sempre nell'ambito della stessa dinastia regnante, cosa che avviene spesso in quelle zone.