Era l'autunno del 2008 quando Palazzo dei Diamanti a Ferrara si organizzava una mostra dedicata al pittore inglese J.M.W. Turner. Ma ancora prima nel tempo, la Fondazione Cini presentava un quadretto di Turner esposto in una bacheca di cristallo. Quel piccolo paesaggio reso con pochi tocchi, tanto sfumati e una macchia di rosso rubino, fu una folgorazione.

Da quella immagine di una bellezza assoluta compresi cosa fosse 'il sublime romantico', cosa fosse il bello sublime cui i romantici, maestri degli estremi, un po' come qualche anno prima cantava Baudelaire, con le parole 'spleen' et 'ideal', aspiravano.

Tutta la filosofia idealistica d'altronde l'aveva teorizzato e che la vita fosse un tendere verso mete sempre più lontane, e che l'arte fosse proprio questo anelito verso una idea di bellezza perlappunto sublime, era chiaro sin dal primo Ottocento.

Vedere oggi, nel 2015, il film dedicato al grande pittore Turner non può essere che un obbligo e la ricostruzione dell'epoca e della vita di un uomo bizzarro e complicato come l'artista in questione non poteva che essere allettante. Ma, come sempre, in tutte le cose che desideri c'è un ma! Il ma sta proprio nello scavo fatto dal regista. Timothy Spall è l'attore scelto per interpretare il carattere burbero e selvatico dell'uomo, il regista gli ha fatto frequentare un corso di pittura durato due anni, per imparare a tenere il pennello in mano, lo ha scelto perché oltre ad essere di umili origini, come Turner, è un esperto nella navigazione.

Ed ecco che entrare nella pelle dell'artista, attraverso questo film, è stato davvero traumatico. Perché a fronte della sua indefessa ricerca di visioni naturali che sprigionassero la potenza della natura e la sua incontrovertibile bellezza, c'era, nella vita di tutti i giorni, un egoista selvatico, che si servì fino alla fine di una serva malata, con la quale non mancò di togliersi ogni tanto qualche bestiale capriccio, ma che non si fece scrupolo di lasciar morire di una malattia devastante alla pelle, sola, nel più totale abbandono; c'era una figlia, la più piccola, che morì senza che lui si scomodasse neanche per il suo funerale; c'era una famiglia, di cui non volle avere mai alcuna cura.

Eppure quando posi gli occhi su quel famoso quadro 'Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi' o sui tanti acquerelli che erano ben visibili nella mostra di Ferrara hai l'immediata sensazione di avere a che fare con un dio della visione. Strano e per certe parti orribile questo film, eppure doveroso vederlo, perché l'uomo, che pure ha conosciuto momenti di grande generosità e pur di lasciarsi prendere dall'emozione non ha mancato di farsi legare ad un albero maestro di una nave nel pieno di una tempesta, ha saputo realizzare quadri che anche oggi lasciano senza fiato.

Non è piaciuto solo a Monet, non è stato solo l'interprete più alto del Romanticismo inglese, non è stato solo colui da cui si fa iniziare l'impressionismo, ma ha saputo incarnare l'artista autentico. E quando si dice che l'arte governa ed è governata dall'emozione è la verità. È essa stessa prodotta da emozioni e capace di reiterarle nel fruitore, per questo, appena ritornava dai suoi viaggi, era una corsa contro il tempo per fermare sulla tela le impressioni lasciate sui taccuini. Ed ha un bel dire Baudelaire, la vita forse è proprio questo oscillare tra spleen ed ideal, tra cadute terrificanti e tensioni verso l'alto, un po' vale per tutti i comuni mortali, ma è centuplicato negli artisti. Da vedere dunque