Si chiama burkini l’abbigliamento di moda di questa estate. Sulle copertine dei principali quotidiani, italiani e non solo, il modello musulmano di costume da bagno ha scatenato commenti, analisi e critiche. Maniche lunghe e testa coperta, il burkini potrebbe sembrare il capo perfetto per proteggersi dal sole. Infatti, viene usato da molte giapponesi per cui la pelle bianca è simbolo di purezza e status sociale. Ma cosa si nasconde dietro questo inquietante capo? È un segno di costrizione sul corpo della donna o, come dicono in tanti, di libertà di scelta?

Credo economico

Le grandi firme di moda a livello internazionale stanno scommettendo sulla cosiddetta “moda islamica”. Non solo perché dai Paesi arabi provengono moltissime consumatrici di prodotti di lusso, ma anche perché i fedeli islamici sono in continua crescita. Guadagna di più – senza dubbi – un macellaio halal che un negozio ebraico di cibo kosher. C’è poco di ideologico o religioso: l’interesse di fondo che spinge l’industria della moda a produrre abbigliamenti in regola con i precetti del Corano su come deve essere vestita la donna è, soprattutto, commerciale.

Segno di libertà?

Fino a qualche giorno fa, era naturale vedere sulle strade di Istanbul sia donne coperte con il burqa che donne in minigonna.

Per Ilya Topper, corrispondente dalla Turchia del sito El Confidencial, è stato il fenomeno del fondamentalismo islamico a porre il dibattito sul burkini. Un capo di abbigliamento sì complesso, ma che fino a poco tempo quasi nessuno conosceva: “Il simbolo del fondamentalismo religioso, che in Algeria molte donne sono state costrette a indossare per la prima volta nella vita per potere vivere a casa, di colpo in Francia è un gesto di ‘multiculturalità’ e ‘libertà dell’abbigliamento’.

O quello dicono i movimenti femministi che difendono il diritto di usarlo”.

C’è chi ironizza, invece, sul fatto che il burkini potrebbe aiutare a risparmiare denaro in protezioni solari e depilazione. Sul Corriere della sera, la 18enne Nesrine, da poco fedele islamica, ha detto di indossare il burkini da questo anno: “Che senso ha multare una donna per com’è vestita?

Vietare il bikini

E pensare che il bikini, da dove prende il nome il burkini, non è stato ben visto durante i primi anni di vita. Negli anni ’50, i piccoli costumi da bagno femminili sono stati censurati dalla Chiesa cattolica. Mostravano troppa pelle sotto il sole. In Spagna, Portogallo, Italia e persino in Australia sono stati vietati dallo Stato. Anche alcuni stati degli Stati Uniti ne penalizzavano l’uso. Molti concorsi di bellezza hanno proibito il bikini dopo le polemiche che ha causato nella prima edizione di Miss Mondo.

Moda e terrorismo

Il divieto dell’uso del burkini sulle spiagge francesi e spagnole, in contemporanea con la nuova normativa tedesca di proibire l’uso del burqa, lo hijab e il nirqa, hanno provocato negli ultimi giorni una serie di riflessioni anche in Italia. Il tema delle imposizioni di abbigliamento dettate dalla sharia si è legato inevitabilmente al dibattito sull’immigrazione e il terrorismo. Ma è giusto così?