Il futuro di Fiat-Chrysler è in mano a due donne: Gina McCarthy, capo dell’Environmental protection agency (Epa), e Mary D. Nichols, presidente del California air resources board (Carb), organismo statale californiano che ha collaborato con l’agenzia governativa. Di fronte al rischio concreto di una perdita di immagine, di dover pagare più di 4 miliardi di dollari di multa e di veder calare vertiginosamente le vendite di automobili, l’amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne, ha reagito in maniera abbastanza scomposta, arrivando a caldeggiare (come dimostrano le sue dichiarazioni raccolte nel video qui sotto) una non meglio chiarita responsabilità politica dell’amministrazione di Barack Obama, arrivata agli sgoccioli della sua presenza alla Casa Bianca.

Porte aperte alla trattativa con Donald Trump, dunque, anche se era stato proprio Obama, nel 2009, a favorire con un fiume di ‘verdoni’ il matrimonio tra la casa torinese e lo storico marchio a stelle e strisce. Perché allora il cinico Marchionne punta il dito contro ‘l’amico’ Barack? Solo ragioni di opportunità? Leggiamo allora cosa ha dichiarato.

Marchionne e la “tempistica strana” dell’inchiesta

“Questa manovra qua è stata introdotta negli ultimi giorni di una amministrazione che sta per perdere il potere di gestione di questo paese”, sbotta Marchionne con un tono aspro e stizzito. Da notare come il Ceo di FCA derubrichi a ‘manovra’ l’approfondita indagine portata avanti da un organismo governativo, rispettabile fino a prova contraria.

Noi andremo a risolvere il problema con la nuova amministrazione e con un set di persone completamente diverso da quello che adesso ha gestito il problema”. Anche qui l’inchiesta che ha smascherato il presunto software taroccato che avrebbe permesso, come nel caso della Volkswagen, di alterare i dati sulle emissioni di ossidi di azoto viene catalogata come un ‘problema’.

“Quindi ci ritroveremo di nuovo (con Trump ndr) a rispiegare e cercare di analizzare il tutto con una serie di persone completamente diversa”, ripete cercando forse di esorcizzare gli effetti potenzialmente catastrofici per la sua carriera e per i conti di FCA. “Non voglio dare colpa a nessuno, non voglio imputare che ci siano stati motivi ulteriori per fare questa manovra qua, ma trovo la tempistica una cosa veramente strana”.

Sergio Marchionne si guarda bene, però, dallo spiegare i motivi di questa ‘tempistica strana’.

Intervistato dalla Cnbc, il responsabile dell’azienda automobilistica italo-americana prende le distanze dai cugini tedeschi. “Fra questa vicenda e quella di Volkswagen – afferma convinto - non c’è nulla in comune, con l’Epa dialoghiamo da più di un anno”. E aggiunge: “Per quanto conosco questa società, posso dire che nessuno è così stupido da cercare di montare un software illegale. Ed è curioso e spiacevole che l'Agenzia per la Protezione ambientale americana abbia deciso di affrontare il caso FCA così pubblicamente”.

L’appuntamento che conta Marchionne lo da al tavolo delle trattative che si aprirà con gli uomini del tycoon newyorkese al quale, solo pochi giorni fa, aveva promesso la formazione di migliaia di posti di lavoro negli stabilimenti Fca di Michigan e Ohio.

Ma l’Epa lo gela: “Fca ha schivato le regole ed è stata scoperta, non comunicare l'esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un'auto è una seria violazione delle legge”. “Spero che non sia una conseguenza di una guerra politica fra l'amministrazione uscente e quella entrante”, conclude Marchionne avanzando indirettamente il sospetto che qualcuno voglia mettere i bastoni tra le ruote ad una possibile fusione tra Fca e General Motors.