Dalle stelle alla polvere. Non si sono ancora spenti i riflettori sul tweet di Donald Trump che ringraziava Fiat Chrysler per l’annuncio di un nuovo investimento in Usa da un miliardo di dollari con la creazione di duemila posti di lavoro, che sull'azienda guidata da Sergio Marchionne si allunga l'ombra del dieselgate.

Le accuse a Fiat Chrysler

L’agenzia per la protezione ambientale (Epa) ha messo sotto accusa Fiat Chrysler: l'azienda avrebbe installato un software in grado di consentire ai suoi motori diesel di circolare con emissioni superiori ai limiti consentiti dalla legge statunitense (Clean air act).

L'accusa, secondo la Reuters, riguarda 104mila veicoli in circolazione. A seguito della notizia, in Borsa il titolo FCA ha subìto un pesante contraccolpo: a Milano ha lasciato sul terreno il 16,14% e a Wall Street è arrivato a perdere il 18,39%.

La risposta di Fiat Chrysler

In una conferenza stampa Marchionne ha sostenuto che non esiste alcun confronto con lo scandalo che ha travolto Volkswagen sulle emissioni nel diesel e che Fca non ha fatto nulla di illegale; in più ha definito le notizie venute alla luce come sproporzionate. Il top manager ha proseguito sottolineando che la casa automobilistica continuerà a vendere i modelli coinvolti dal giudizio di Epa sulle emissioni, anche se la decisione inciderà sulle vendite negli Stati Uniti.

In più, Fiat Chrysler ha replicato sostenendo in un comunicato che naturalmente l’azienda intende collaborare con la nuova amministrazione statunitense, così da “risolvere la questione in modo corretto ed equo, rassicurando l'Epa e i clienti di Fca Us sul fatto che i veicoli diesel della società rispettano tutte le normative applicabili".

Fiat Chrysler rischia una maxi multa

Per Marchionne si tratta di una brutta gatta da pelare, che potrebbe costare cara a Fiat Chrysler, con riflessi negativi sui conti dell'azienda. Secondo la Cnbc, se le accuse venissero confermate, le sanzioni potrebbero arrivare fino a un totale di oltre 4,6 miliardi di dollari. Una maxi multa vicina a quella con cui Volkswagen ha chiuso il capitolo americano del suo dieselgate: Dopo essersi dichiarata colpevole di aver falsificato i dati delle emissioni inquinanti attraverso un software, l’azienda tedesca ha confermato l’impegno a pagare un risarcimento di 4,3 miliardi di dollari.